La Newsletter di ESO
ISSUE 408

Infinna, la fibra tessile circolare che piace a Zara, Uniqlo e H&M

Arriva dalla Finlandia una delle prime fibre tessili ricavate dai rifiuti a base di cotone che piace all’industria del fashion. Patagonia l’ha già sperimentata per le magliette

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Infinna, la fibra tessile circolare che piace a Zara, Uniqlo e H&M

Infinna è probabilmente una delle prime fibre tessili circolari capace di mettere tutti d’accordo: l’industria dell’abbigliamento, i consumatori e i difensori dell’ambiente. Si tratta infatti di un materiale riciclabile, biodegradabile e privo di microplastiche, sviluppato dalla finlandese Infinited Fiber Company, frutto del riciclo di rifiuti ad alta percentuale di cotone. Insomma, indumenti destinati alle discariche o agli inceneritori – poiché realizzati in fibre miste – potrebbero finalmente meritare un destino più sostenibile. Secondo il report McKinsey Sustainability del 2022 in media ogni persona in Europa produce più di 15 kg di rifiuti tessili ogni anno ma solo il 30–35% viene raccolto per riutilizzo o riciclo.

 

La fibra a base di cellulosa, ma ricavata dal tessile

 

Il successo di Infinna poggia su due pilastri. Il primo è di carattere innovativo. Si procede con la raccolta di rifiuti tessili ricchi di cotone che non sono più adatti all'uso e non importa né il livello di usura, né il colore o la presenza di poliestere o elastan – a patto che non si scenda sotto la soglia del 88% di cotone. Dopodiché durante la fase di pulizia viene catturata la cellulosa, poi scomposta a livello molecolare, attivata con l’urea e infine sciolta.

 

La cellulosa liquida viene filata a umido in nuovi filamenti di fibra, poi tagliati, lavati e asciugati, quindi pronti per essere inviati a filatori e stabilimenti tessili. Il nome scientifico di Infinna è “fibra di carbammato di cellulosa”. La chiave di volta rispetto alla concorrenza è di poter impiegare gli scarti in maniera più flessibile – vengono usate sia le polveri tessili delle fabbriche di riciclaggio meccanico del Nord Africa che fornitori europei; poter gestire tessuti misti più facilmente; offrire una fibra pronta per la filatura; fornire una qualità sensoriale analoga al cotone. Non a caso fra le prime aziende a sperimentare la fibra nelle magliette è stata proprio Patagonia.

 

Zara, Uniqlo e H&M

 

Infinited Fiber Company, come ha raccontato Forbes, fino a poco tempo fa aveva un’antagonista diretta: la svedese Renewcell. Appunto aveva, perché dopo più di dieci anni di tentativi lo scorso febbraio ha dichiarato fallimento; e una parte della responsabilità secondo il suo presidente Micheal Berg sarebbe stata proprio dell’industria della moda. In effetti l’ultimo McKinsey Sustainability ha stimato che l’intero settore è responsabile del 3–8% delle emissioni di gas serra e che ogni marchio potrebbe ridurle del 60% semplicemente rinunciando a uno o due punti percentuali di ricavi, magari giocando la carta dell’innovazione abbinata a nuove strategie. In tal senso l’azienda finlandese deve essere stata convincente perché il secondo pilastro del suo successo è proprio di carattere economico. Perché come sostiene Pierluigi Zerbino ingegnere gestionale e ricercatore senior in Economia Circolare e Innovazione Digitale presso l'Università di Pisa “l'economia circolare è prima di tutto un sistema economico in cui domanda e offerta si incontrano per cercare di assicurare la massima longevità a prodotti e materiali, quindi posticipare il loro fine vita con una serie di strategie".

 

In questo caso l’ultima azione di raccolta investimenti – che ha registrato un round da oltre 43 milioni di dollari – ha visto in prima linea Inditex (Zara, Bershka, Stradivarius, Massimo Dutti, Pull and Bear), TTY Management (azionista di Fast Retailing, che possiede Uniqlo) e H&M. Alla base dell’accordo l’acquisto anticipato (off-take) di fibre prodotte nel futuro nuovo stabilimento da 400 milioni di dollari che verrà realizzato entro il 2026 in una ex cartiera finlandese. Funzionerà? Difficile rispondere ma Infinna in finlandese vuol dire “arrivare” e la dirigenza ha previsto una capacità produttiva di 500mila tonnellate di fibra all’anno entro il 2030.

 

Dario D'Elia

 

 

Photo: Engin Akyurt

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