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ISSUE
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sustainability-lab.net

E’ stato presentato l'11 novembre 2025 a Roma il Rapporto GreenItaly, arrivato alla sedicesima edizione, un appuntamento fisso per chi vuole capire come il nostro Paese stia reagendo alle sfide della transizione ecologica. Il rapporto è realizzato dalla Fondazione Symbola, da Unioncamere e dal Centro Studi Tagliacarne con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Allo studio hanno collaborato Conai, Novamont, Ecopneus, Enel e molte organizzazioni e oltre 20 esperti, tra questi per il capitolo tessile/moda e concia, Aurora Magni.
Questi i dati principali emersi:
Crescono gli eco-investimenti: nel periodo 2019-2024, sono state 578.450 le imprese extra-agricole che hanno effettuato eco investimenti pari al 38,7% del totale ovvero più di 1 impresa su 3. Guardando al dettaglio dell’industria manifatturiera, i comparti in cui l’incidenza delle imprese che hanno effettuato eco-investimenti nel periodo 2019–2023 e/o investiranno nel 2024 sul totale delle imprese del comparto è superiore alla media dell’industria manifatturiera sono quelli della chimica farmaceutica e petrolifera (63,7%, primato assoluto in tutte le rilevazioni), gomma e plastica (59,3%). Il tessile abbigliamento si posiziona in coda con il 38,48% sotto il legno-arredo (42%).
Dove sono le imprese che nel periodo 2019-24 hanno investito in green? Si evidenzia una forte differenziazione geografica tra le imprese del Nord-Est (41,4%) e del Centro (36,6%). La Lombardia conserva saldamente il primato nella graduatoria regionale con 102.730 imprese eco-investitrici nel settore dell’industria e dei servizi, pari al 17,8% del totale nazionale e al 39,3% del totale delle imprese della regione. Nelle prime cinque regioni per numero di imprese che hanno effettuato investimenti green sono concentrate ben il 53,1% delle imprese che nel periodo esaminato hanno realizzato eco-investimenti (era il 52,2% nel periodo 2019-2023); oltre alla Lombardia, si confermano in questo gruppo il Veneto (54.970 imprese eco-investitrici), il Lazio (50.960 unità), la Campania (50.890 unità) e l’Emilia-Romagna (47.640 unità).
I dati evidenziano come le imprese che hanno investito in strategie green siano più resilienti e competitive.
Cresce l’energia da fonte rinnovabile: Nel 2024, per la prima volta, le fonti rinnovabili hanno coperto oltre il 40% del fabbisogno elettrico nazionale e nei primi mesi del 2025 per la prima volta, la produzione fotovoltaica ha superato quella idroelettrica, tradizionalmente la principale fonte rinnovabile in Italia.12 Il costo dell’energia elettrica resta un tema chiave, per ridurre le bollette servono più rinnovabili e il disaccoppiamento del prezzo dell’elettricità da quello del gas, che oggi ne determina ancora il valore di mercato. L’Italia, pur avendo fatto progressi, resta tra i Paesi più dipendenti dall’estero per l’approvvigionamento energetico.
Crescono i green job: nel 2024 gli occupati in attività riconducibili alla transizione ecologica sono stati 3.298 mila unità, in crescita del 4,3% (+135 mila unità) rispetto al 2023, con una quota sul totale degli occupati pari al 13,8%.
Per quanto riguarda la distribuzione regionale dei green jobs, lo scenario resta pressoché immutato anche nel 2024, con l’affermazione del Nord-Ovest con il 32,8% del totale nazionale, seguito dal Nord-Est (23,6%), dal Mezzogiorno (23,1%) ed infine dal Centro (20,5%); unica area, quest’ultima, a segnare una flessione, seppur lieve, di lavoratori verdi rispetto all’anno precedente (-0,5%; +6,2% per il Nord-Ovest ed il Sud e Isole; +4,0% per il Nord-Est).
Che profili cercano le aziende? Quelli che vengono cercati sono i profili specializzati in settori più emergenti, come gli ingegneri solari, dell’elettronica di potenza o delle energie rinnovabili. Ma anche mansioni classiche riadattate con nuove competenze come il responsabile della conformità alla sicurezza. Le professioni tradizionali stanno diventando progressivamente più sostenibili, e la vera sfida è far sì che la cultura della sostenibilità penetri ogni ruolo e mestiere, rendendo la transizione una competenza trasversale.
Nel recupero di materia, l’Italia dà il meglio di sé. Secondo Eurostat, la nostra capacità nell’avvio a riciclo dei rifiuti totali (urbani e speciali) ha raggiunto il 92,6% (2023), un tasso di gran lunga superiore a quello delle altre grandi economie europee, Francia (81,5%), Germania e Spagna (75,5%), e alla media UE-27 (60%).
Economia circolare: nonostante l’aumento dell’attenzione politica e industriale, la circolarità effettiva del sistema economico mondiale rimanga bassa e in calo. La quota di materiali secondari reimmessi nei cicli produttivi rispetto al totale dei materiali impiegati si è infatti ridotta dal 9% del 2018 al 6,9% del 2024, segnando il minimo storico. I rifiuti tessili rimangono una sfida critica: solo lo 0,3% dei 3,25 miliardi di tonnellate di materiali consumati ogni anno dal settore tessile proviene da fonti riciclate, mentre le fibre sintetiche a base di combustibili fossili costituiscono il 70% delle sue materie prime. Ciononostante, non mancano iniziative di settore che mirano a raggiungere tassi di riciclo del poliestere pari al 45% entro il 2025.
In questo scenario l’Italia risulta il Paese europeo con il più alto tasso di avvio a riciclo dei rifiuti totali (urbani e speciali). Secondo Eurostat (dati 2023), il tasso di riciclo (operazioni di riciclo di materia, recupero biologico e backfilling di materiali inerti) dell’Italia è pari a 92,6%, quello della Francia raggiunge l’81,5%, quello di Germania e Spagna è pari al 75,5%, mentre la media europea è pari al 60%. L’Italia ha quindi un tasso di riciclo che è ancora il più alto d’Europa (tranne qualche microstato) superiore di 33 punti percentuali alla media europea, di 17 punti alla Spagna e alla Germania, di 11 alla Francia. Non solo. Anche se con un leggero arretramento rispetto al 2022, l’Italia è uno dei Paesi europei che dal 2013 al 2023 – nonostante un tasso di riciclo già elevato – ha comunque migliorato le sue prestazioni: nel decennio l’Italia cresce di 6,6 punti percentuali, meno della media UE (+10,6 punti percentuali) e della Spagna (+20,4 punti percentuali), ma più di Germania (+1,9 punti), e Francia (+4,5 punti). In particolare nel riciclo degli imballaggi, l’Italia ha raggiunto la quota effettiva del 76,7% (2024). Il dato consolida la nostra leadership europea, già confermata dal raggiungimento con 10 anni di anticipo dell’obiettivo europeo di riciclo complessivo per il 2030 (dati CONAI). Le filiere più virtuose sono quelle della carta (92,4%), del vetro (80,3%) e dell’acciaio (86,4%). La filiera degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile, con un tasso di riciclo del 57,8%, è – insieme alla plastica tradizionale (50,8%) – il settore con il più rapido tasso di crescita.
Il rapporto integrale è scaricabile gratuitamente a link https://symbola.net/ricerca/greenitaly-2025/
Il capitolo tessile/moda e concia è a pag. 336
Photo: sustainability-lab.net
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Rassegna del 28 Novembre, 2025 |
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