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ISSUE 429

Cemento a ritmo accelerato: l’Italia perde suolo a 2,7 metri quadrati al secondo

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Cemento a ritmo accelerato: l’Italia perde suolo a 2,7 metri quadrati al secondo

Il suolo italiano continua a scomparire sotto il cemento. L’ultima edizione del Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) fotografa una tendenza preoccupante: l’Italia sta consumando suolo a un ritmo mai registrato negli ultimi 12 anni. Una perdita che riguarda una risorsa vitale, limitata e non rinnovabile, da cui dipendono agricoltura, qualità dell’acqua, regolazione climatica e stabilità del territorio.

 

I numeri del 2024: un’accelerazione senza precedenti nel consumo di suolo

 

Nel periodo 2023-2024, il consumo di suolo è cresciuto di 83,7 chilometri quadrati, pari a un incremento del 15,6% rispetto all’anno precedente. Significa che il nostro Paese perde 2,7 metri quadrati di suolo ogni secondo, o quasi 23 ettari al giorno. Anche considerando i limitati interventi di recupero (5,2 km²), il consumo netto raggiunge 78,5 km², il valore più elevato dal 2012. Oggi, infrastrutture, edifici e altre superfici impermeabili coprono oltre 21.500 km², equivalenti al 7,17% del territorio nazionale: un dato ben superiore alla media europea del 4,4%.

 

Le aree più colpite: coste, pianure e fondovalle. Meno abitanti.

 

Il consumo di suolo non colpisce in modo uniforme. Le aree più vulnerabili sono le zone periurbane e costiere, dove l’espansione edilizia e infrastrutturale mangia terreni agricoli e aree naturali. Le regioni con la maggior percentuale di suolo artificializzato sono Lombardia (12,22%), Veneto (11,86%) e Campania (10,61%). In termini assoluti, la maggiore crescita nel 2024 si è registrata in Emilia-Romagna (1.013 ettari), seguita da Lombardia (834), Puglia (818), Sicilia (799) e Lazio (785). Un dato ancor più inquietante emerge dal confronto tra consumo di suolo e popolazione residente. Nonostante l’Italia perda quasi 26 mila abitanti in un solo anno, il territorio continua a essere cementificato: per ogni abitante in meno sono stati consumati oltre 3.000 metri quadrati di suolo. Un chiaro segnale che le nuove costruzioni non rispondono a esigenze abitative reali, ma a una logica di espansione inefficiente e insostenibile.

 

Cantieri e logistica: le nuove frontiere dell’artificializzazione

 

Secondo il Rapporto SNPA, l’84,5% delle nuove superfici artificiali del 2024 è classificato come consumo reversibile, ma spesso si tratta di una reversibilità solo temporanea. Oltre la metà (56%) deriva da cantieri in corso, destinati in larga parte a diventare permanenti. Un contributo crescente arriva anche dagli impianti fotovoltaici a terra, che hanno occupato circa 1.700 ettari di superfici naturali, e dai poli logistici, in forte espansione soprattutto in Emilia-Romagna, Piemonte e Lombardia.

 

Impatti irreversibili: miliardi di euro e servizi ecosistemici perduti

 

Il consumo di suolo non è solo una questione paesaggistica: rappresenta un danno economico e ambientale concreto. Secondo le stime SNPA, la perdita di servizi ecosistemici generata tra il 2006 e il 2024 equivale a 8,6 – 10,6 miliardi di euro ogni anno.

 

L’Europa chiede lo stop: obiettivo “consumo di suolo netto zero”. L’Italia resta indietro.

 

L’Unione Europea ha fissato un traguardo chiaro: azzerare il consumo netto di suolo entro il 2050, con tappe intermedie previste al 2030. Il Green Deal, la strategia europea per il suolo e il Regolamento sul ripristino della natura (entrato in vigore nell’agosto 2024) impongono una svolta nella pianificazione territoriale e nel recupero delle aree degradate. Il Parlamento europeo ha approvato la Direttiva sul monitoraggio e sulla resilienza del suolo, che istituisce un quadro comune per valutare la salute dei terreni in Europa e rafforzarne la resilienza attraverso una gestione sostenibile, il contenimento del consumo di suolo e la bonifica dei siti contaminati.

 

Per l’Italia, però, la strada è ancora lunga. La Strategia Nazionale per la Biodiversità 2030, adottata ad agosto 2030, annovera tra i suoi obiettivi specifici, quello di “raggiungere la neutralità del degrado del territorio e l’aumento pari a zero del consumo del suolo e compiere progressi significativi nella bonifica e nel ripristino dei siti con suolo degradato e contaminato”. A tal proposito prevede una serie di specifiche azioni, tra cui “approvare e attuare una legge nazionale sul consumo del suolo”. Il contrasto al consumo di suolo è anche uno degli ambiti prioritari indicati dall’Italia all’interno del Piano per la transizione ecologica, approvato a giugno 2022. L’ambizioso obiettivo indicato dal Piano è quello di arrivare a un consumo netto pari a zero entro il 2030, anticipando quindi di vent’anni quello europeo.

 

Secondo il PTE questo traguardo può essere raggiunto riducendo al minimo gli interventi di artificializzazione e contestualmente incrementando quelli di rinaturalizzazione, in particolare lungo le coste. Il Rapporto SNPA sottolinea l’urgenza di politiche di rigenerazione urbana, riuso edilizio e rinaturalizzazione delle aree compromesse.

 

Una risorsa da proteggere, non da consumare

 

Il suolo non è un vuoto da riempire, ma una risorsa viva e strategica per l’economia, il clima e la sicurezza delle comunità. Ogni metro quadrato cementificato è un frammento di natura, produttività agricola e capacità di assorbimento del carbonio che viene perso. Come ricorda l’ISPRA, “il miglior modo per consumare meno suolo è non consumarlo affatto”: una regola semplice, ma ancora lontana dall’essere rispettata. Invertire la tendenza richiede una nuova cultura del territorio, fondata su conoscenza, pianificazione e responsabilità collettiva.

 

Photo: fondazionesvilupposostenibile.org

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