La Newsletter di ESO
ISSUE 389

Riciclare le batterie esauste attraverso gli scarti dell’industria agroalimentare

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Riciclare le batterie esauste attraverso gli scarti dell’industria agroalimentare

Recuperare metalli preziosi dalle batterie elettriche esauste attraverso la chimica verde, con l’aiuto delle bucce d’arancia e altri scarti di produzione della filiera agroalimentare: è l’innovativa soluzione proposta dalla startup pugliese AraBat, che promette di ridefinire la transizione verso l’elettrico e portarla su tinte ancor più verdi

 

Una risposta al problema dello smaltimento delle batterie potrebbe essere però molto più vicina alle risorse del nostro territorio di quanto immaginiamo: questa è l’idea che muove la startup pugliese AraBat, che in collaborazione con l’Università di Foggia, ha implementato una tecnologia in grado di recuperare batterie al litio esauste attraverso gli scarti della frutta e della verdura.

 

La ricetta per l’innovazione: dagli scarti di frutta e verdura ai metalli preziosi

 

Quella che sembra magia ha in realtà un nome ben preciso: la chiamano idrometallurgia verde e altro non è che un processo idrometallurgico fondato su solide basi di chimica verde, attraverso il quale dalle batterie al litio esauste si riesce a recuperare in modo sostenibile materiali grezzi critici, come litio, cobalto, nichel, manganese, rame e alluminio.

 

La tecnologia, come si può sospettare, non è del tutto semplice e si articola in più passaggi, primo fra tutti il pretrattamento delle batterie in ingresso: queste vengono innanzitutto scaricate, dopodiché si separano in primo luogo rame e alluminio, facilmente recuperabili perché presenti in foglietti all’interno delle batterie.

 

Tutto il resto viene invece triturato meccanicamente per produrre un materiale noto come black mass (già di per sé dalla discreta attrattiva sul mercato).

 

Il cuore dell’innovazione risiede però nella successiva fase di lisciviazione verde, un trattamento chimico caratterizzato da basse temperature (inferiori a 90°C), tempi ridotti e bassi impatti ambientali, in cui si sfruttano acidi organici e scarti biologici per sequestrare dalla black mass i metalli preziosi al suo interno.

 

“Dovete immaginare il processo di riciclo operato da AraBat come una ricetta culinaria – ci ha spiegato Raffaele Nacchiero, Ceo e co-founder della startup – il primo ingrediente sono ovviamente le batterie a litio a fine vita, che nel pretrattamento vengono triturate e trasformate in black mass.

 

Questo materiale così ottenuto si trasferisce poi in un reattore e qui si aggiungono acqua, acidi organici (per esempio, acido citrico) e biomassa derivata da scarti vegetali o di frutta, come le bucce delle arance. Il ruolo delle componenti organiche è fondamentale, perché sono loro che ci permettono, grazie a molecole come gli zuccheri riducenti, contenuti al loro interno, di staccare dalla black mass proprio i materiali ad alto valore aggiunto“.

 

Dalla soluzione ottenuta in lisciviazione verranno infatti ottenuti poi, tramite precipitazioni selettive, gli altri metalli preziosi, recuperati con un grado di purezza tali da poter essere venduti e reintrodotti così nel mercato.

 

Transizione energetica e batterie al litio a fine vita: il valore di AraBat

 

In un contesto in cui la transizione energetica in risposta alle sfide globali impone alle compagnie di ripensare i propri modelli di business e di ridefinire le proprie filiere secondo configurazioni più resilienti e sostenibili, rivolgersi alle criticità lasciate scoperte dal mercato dell’elettrico costituisce di per sé una strategia tanto ambiziosa quanto necessaria.

 

E nonostante il nostro Paese possieda tutte le risorse necessarie per sviluppare nuovi approcci di economia circolare che gli consentirebbero di emergere come una delle voci leader nella corsa verso la sostenibilità e l’innovazione nel campo delle tecnologie verdi, ci sono ancora settori in cui l’Italia rischia di lasciare il passo alla concorrenza internazionale.

 

Il riciclo delle batterie elettriche a fine vita, in particolare, rappresenta uno di questi ambiti. D’altronde, stando alle stime della Commissione europea il totale delle batterie industriali, incluse quelle impiegate per la mobilità elettrica, potrebbe arrivare a quasi 4,4 milioni di tonnellate entro il 2025.

 

Come se non bastasse, se ci riferiamo nello specifico alle batterie a ioni di litio a fine vita, le percentuali di riciclo sono estremamente basse e la maggior parte di esse, in Europa, vengono semplicemente raccolte e cedute alla Germania, dove già esistono industrie in grado di recuperarne correttamente i diversi componenti e, almeno in parte, i materiali preziosi.

 

“Attualmente, essendo privi di impianti di riciclo di batterie al litio attivi sul territorio nazionale, i consorzi italiani spediscono le batterie esauste, qui prodotte e consumate, all’estero, generando ricchezza e valore al di fuori del nostro Paese” commenta ancora Nacchiero.

 

È essenziale che l’Italia colga questa opportunità e si impegni a sviluppare e implementare politiche e incentivi mirati al riciclo delle batterie al litio. Riciclare queste batterie a fine vita (quindi pericolose) significa promuovere la transizione elettrica attraverso il recupero delle materie prime come il litio, il cobalto, il nichel e il manganese.

 

Le giovani menti imprenditoriali possono essere il motore di cambiamento necessario per sviluppare soluzioni innovative e sostenibili per affrontare le sfide contemporanee e competere con successo a livello internazionale“.

 

La loro startup ne è una prova inconfutabile: nata da un’idea partorita nel 2020, in un contesto economico ancora scosso dallo shock pandemico, e immaginata dalla mente di cinque ragazzi giovanissimi che avevano da offrire soltanto una sana voglia di fare la differenza nel campo dello sviluppo sostenibile, AraBat sembra oggi aver vinto la sfida del tempo.

 

La loro tecnologia, sviluppata con il supporto dell’Università di Foggia e dei suoi ricercatori chimici, colleziona oggi numerosi riconoscimenti e premi derivati dalle startup competition, ma soprattutto può contare già sulla collaborazione di partner internazionali e fondi di investimento in fase di negoziazione: con il loro supporto, il loro processo è già in fase di scale-up e l’idea è che molto presto si possa portare l’idrometallurgia verde di AraBat sul mercato.

 

“Stiamo lottando con coraggio ogni giorno per rendere possibile il nostro sogno – conclude infine il Ceo, recentemente inserito da Forbes Italia nella classifica dei 100 giovani talenti italiani under 30 – Con il nostro progetto vorremmo dare un contributo per costruire un mondo più circolare e inclusivo, dove l’umanità e la natura possano convivere con soli reciproci benefici“.

 

Loris Savino

 

 

Photo:  Roberto Sorin

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