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ISSUE
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greenreport.it
Lo scorso autunno a Busa, in Corea del sud, il penultimo round svoltosi sotto l’egida dell’Onu per arrivare a definire un trattato internazionale (giuridicamente vincolante) contro l’inquinamento da plastica si è chiuso con un nulla di fatto e adesso si apre l’ultima finestra possibile per invertire la rotta: dal 5 al 14 agosto si svolgerà a Ginevra l’ultima sessione negoziale.
I precedenti tentativi di finalizzare il trattato sono stati ostacolati dalla ricerca del consenso unanime, impedita da un ristretto numero di Paesi che negano l’evidenza scientifica e bloccano i progressi. È ormai evidente che la via del consenso formale difficilmente porterà a un trattato efficace ma ci sono percorsi alternativi da intraprendere.
Gli Stati hanno la possibilità – e la responsabilità – di ricorrere a percorsi alternativi pienamente legittimi e già consolidati in ambito multilaterale. Tra questi: il ricorso al voto per adottare un nuovo testo, come avvenuto in passato con la Dichiarazione universale dei diritti umani e la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, oppure la formazione di una coalizione di maggioranza tra Paesi ambiziosi, anche al di fuori del processo sul trattato globale contro l’inquinamento da plastica (INC-5.2).
«In un contesto geopolitico instabile, questi negoziati sono sul filo del rasoio. I Paesi produttori di petrolio stanno strumentalizzando il consenso per minare l’accordo, non per costruirlo. Questo non è multilateralismo, è ostruzionismo – spiega Zaynab Sadan, Global plastics policy lead del Wwf – La mancanza di consenso non implica necessariamente lo stallo. La maggioranza ambiziosa deve ora scegliere la propria strada: tramite il voto o la creazione di una coalizione. Rifiutando l'ostruzionismo e facendo leva sulla propria forza numerica, può costruire un Trattato che protegga davvero le persone e il Pianeta. Gli strumenti ci sono, il sostegno c’è. È tempo di agire»
Nel frattempo, ogni giorno che passa senza un accordo definitivo, circa 30.000 tonnellate di plastica si riversano nei nostri oceani. Rimandare ancora comprometterebbe in modo grave, duraturo e costoso la possibilità di contenere la crisi.
Un nuovo rapporto del Wwf realizzato con l’Università di Birmingham, analizza quasi 200 studi scientifici peer-reviewed e mette in luce i rischi sanitari derivanti dall’esposizione a micro- e nanoplastiche e alle sostanze chimiche tossiche associate. Sebbene la ricerca scientifica su questo fronte sia ancora in continua evoluzione, il rapporto evidenzia un legame tra queste sostanze e vari effetti biologici, tra cui l’interferenza con il sistema endocrino, tumori ormono-correlati (come il tumore al seno e ai testicoli), compromissione della fertilità e patologie respiratorie croniche.
La buona notizia è che, secondo l’Agenzia Onu per l’ambiente (Unep) l’inquinamento da plastica può essere ridotto dell’80% entro il 2040 usando le tecnologie esistenti. Come? Riducendo del 55% la produzione di plastica vergine e puntando, ancora, sull’economia circolare: si potrebbero così risparmiare 4,52 trilioni di dollari a livello globale e creare 700mila nuovi posti di lavoro. Un approccio che sarebbe di grande utilità anche per l’Italia.
Photo: greenreport.it
Rassegna del 02 Agosto, 2025 |
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