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Oggi anche la produzione e il consumo del caffè devono impegnarsi a rispettare l’ambiente e il clima: emettono ancora grandi quantità di gas serra e le coltivazioni sono tra le prime vittime degli estremi climatici che minacciano l’agricoltura. È però possibile fare molto, coniugando la sostenibilità ambientale, quella sociale… e il piacere di poter continuare a bere un buon caffè
Caffè: parola che evoca profumi, sapori, i momenti condivisi intorno alla tavola, le chiacchiere al bar e, per alcuni, lo sprint necessario per affrontare le notti passate a studiare o lavorare.
C’è però un aspetto meno conosciuto legato a questa bevanda: i suoi impatti ambientali e climatici sono infatti rilevanti e rischiano di mettere a repentaglio quegli stessi ecosistemi da cui dipende la crescita delle piante da cui si ricavano i chicchi di caffè.
Cominciamo da un dato: tra il 1990 e il 2023 la produzione globale di caffè è aumentata dell’85%, arrivando a più di 170 milioni di sacchi da 60 chilogrammi prodotti nel 2023.
Considerato che i metodi di coltivazione del caffè sono sempre meno legati alle attività tradizionali e sono invece sempre più meccanizzati, risulta facile capire perché la coltivazione e la lavorazione di 1 kg di caffè Arabica convenzionale possono arrivare a produrre una media di circa 15 kg di CO2 equivalente.
L’impatto sul clima è quindi rilevante. Ma non basta, visto che il caffè è uno dei principali driver della deforestazione. Il passaggio alle monocolture a pieno sole, che garantiscono una resa maggiore, ha comportato l’abbattimento di ampie aree di foresta: 37 dei 50 Paesi con i più alti tassi di deforestazione sono produttori di caffè.
Inoltre, le piante coltivate in pieno sole necessitano di grandi quantitativi di sostanze chimiche, contribuendo ad aggravare l’inquinamento dei fiumi e degli altri corpi idrici: si stima che solo in America centrale la lavorazione del caffè generi oltre 1 milione di tonnellate di acqua inquinata al giorno.
Il circolo vizioso dell’agricoltura intensiva: i casi virtuosi nella filiera del caffè
Anche nel caso del caffè, si ripete il circolo vizioso che caratterizza l’agricoltura intensiva: si spremono al massimo i terreni, che si impoveriscono e diventano meno resilienti e capaci di affrontare gli estremi climatici causati dalle emissioni di gas serra dell’agricoltura industriale e diventa quindi necessario compensare la perdita di fertilità utilizzando ancora più fertilizzanti e pesticidi.
È chiaro che anche nel caso del caffè il meccanismo non è sostenibile e servono urgentemente approcci e metodi più rispettosi dei suoli e degli ecosistemi.
Le aziende che coltivano e lavorano il caffè lo sanno e si moltiplicano gli esempi virtuosi. Cominciamo dall’iniziativa promossa dal Center for Circular Economy in Coffee (C4Cec), organismo promosso e supportato da una rete globale di partner tra cui la Fondazione Giuseppe Pericle Lavazza, il Politecnico di Torino, l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, l’International Coffee Organization (Ico), l’International Trade Centre (Itc) e l’United Nations Industrial Development Organization (Unido).
Il C4Cec è partito dalla constatazione che ogni anno l’industria globale del caffè produce quasi 40 milioni di tonnellate di scarti, che invece di essere bruciati o sepolti in discarica, potrebbero essere valorizzati in un’ottica circolare e trasformati in prodotti utili come cosmetici, alimenti salutari, materiali da costruzione e imballaggi.
Per supportare questa trasformazione, il C4Cec ha lanciato una piattaforma globale per promuovere l’economia circolare nel settore del caffè, che mira a coinvolgere produttori locali, piccole imprese, esportatori, commercianti, tostatori, aziende di consumo, partner di ricerca, investitori a impatto e organizzazioni internazionali.
I membri di questo network dovrebbero collaborare per superare le difficoltà che ostacolano l’implementazione su larga scala delle logiche di circolarità nel settore del caffè, tra cui la mancanza di conoscenze operative, i quadri normativi inadeguati e i bassi livelli di investimento e collaborazione pubblico-privata.
Ancora in ottica di circolarità, va segnalato il caso di Coffeefrom, una startup fondata nel 2022 a Milano che trasforma i fondi di caffè industriali in materiali termoplastici di alta qualità, riducendo la dipendenza dalle materie prime vergini e promuovendo la sostenibilità ambientale.
Oltre ad aver creato un reparto di R&D specializzato nello sviluppo di nuovi biopolimeri a base di caffè, l’azienda supporta le aziende che vogliono trasformare i residui di caffè in biopolimeri e le segue lungo l’intera catena del valore, dalla gestione dei rifiuti al prodotto finale.
Come dicevamo, i cambiamenti climatici sono una delle principali minacce per le aziende produttrici di caffè. La Tanzania è uno dei maggiori produttori di caffè e sta già affrontando conseguenze significative del riscaldamento globale, come siccità prolungate e stagioni delle piogge più brevi e imprevedibili.
Nel paese africano Accademia del Caffè Espresso, Cisco e Pnat hanno lanciato Progetto ConSenso, uno studio scientifico che servirà per studiare l’impatto del cambiamento climatico sulle piante di caffè Arabica.
Il progetto, a cui Cisco fornisce la connettività e le soluzioni di collaborazione, utilizza sensori alimentati a energia solare per raccogliere dati su idratazione, umidità, presenza di agenti patogeni e capacità di cattura della CO2 delle piante, con l’obiettivo di migliorare il raccolto e la sostenibilità, ottimizzare l’uso dell’acqua per l’irrigazione e creare linee guida per affrontare le sfide del riscaldamento globale.
Proprio sull’Arabica si concentra uno studio internazionale a cui ha partecipato l’Enea, che ha avuto l’obiettivo di ricavare una mappatura ad altissima risoluzione del genoma della Coffea arabica.
Il lavoro, pubblicato su Nature Genetics, ha coinvolto 40 istituzioni di 19 paesi e ha decodificato il patrimonio genetico dell’Arabica e delle sue specie progenitrici. Lo studio può fornire strumenti utili a proteggere la produzione di caffè, che ha un valore commerciale di oltre 40 miliardi di euro all’anno.
Infine, anche le imprese che operano nel settore della preparazione del caffè hanno raccolto le sfide legate ai cambiamenti ambientali in corso. È il caso di Bialetti Industrie, azienda che, oltre a una linea di caffè in capsule, commercializza prodotti per la preparazione del caffè come caffettiere tradizionali, caffettiere elettriche e macchine elettriche per il caffè espresso.
Bialetti ha annunciato che lancerà una nuova gamma di caffè certificato Rainforest Alliance, combinando la sostenibilità ambientale con quella sociale; inoltre, entro il 2024 Bialetti eliminerà la plastica dalle capsule di caffè, prevenendo l’immissione di oltre 40 tonnellate di plastica nell’ambiente ogni anno, con l’obiettivo di promuovere un’economia circolare e rigenerativa.
Simone Gandelli
Photo: mirani jung
Rassegna del 19 Luglio, 2024 |
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