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ISSUE 392

Rifiuti tessili urbani, nuove norme europee per evitare il blocco della filiera

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Rifiuti tessili urbani, nuove norme europee per evitare il blocco della filiera

I costi di selezione, raccolta, riuso e riciclo, in particolare di energia e trasporti, e le condizioni critiche di molti mercati di sbocco, impongono nuove norme europee per evitare il blocco della filiera dei rifiuti tessili urbani in Italia e in Europa. L’incenerimento diverrebbe l’unica opzione.

 

Questo il grido di allarme di UNIRAU – Unione Imprese Raccolta Riuso e Riciclo Abbigliamento Usato e ARIU – Associazione Recuperatori Indumenti Usati, che chiedono un’accelerazione a livello europeo nella definizione di un quadro normativo omogeneo e stabile.

 

La filiera del riciclo dei rifiuti tessili urbani sta vivendo momenti di particolare difficoltà. A fronte di un aumento notevole dei costi per raccolta, selezione, riuso e riciclo, in particolare per energia e trasporti, si somma un sensibile calo delle vendite dei materiali di seconda mano, a causa delle condizioni geopolitiche difficili in molti mercati di sbocco, pensiamo al Nord Africa, all’Est europeo e al Medio Oriente.

 

In assenza di una forte accelerazione a livello europeo nella definizione di un quadro normativo omogeneo e stabile per il comparto, il sistema rischia di bloccarsi in Italia e in diversi Paesi europei.

 

Accelerare la definizione di norme europee per non disperdere la nostra tradizione e specializzazione industriale

 

È questo l’allarme lanciato da Andrea Fluttero, Presidente UNIRAU (Unione Imprese Raccolta Riuso e Riciclo  Abbigliamento Usato) che prospetta grossi problemi per l’intero comparto prima che si possano dispiegare gli effetti positivi della nuova strategia europea.

 

Ha sottolineato Fluttero: “Nonostante l’entrata in vigore dell’obbligo di raccolta differenziata di questi rifiuti urbani sia previsto a livello europeo  entro il 1 gennaio 2025 ed in Italia lo sia dal 1 gennaio 2022, il nostro Paese vanta una lunga tradizione ed una forte specializzazione industriale, sia nelle raccolte svolte da almeno 20 anni in molti Comuni dalle cooperative sociali che hanno trovato in questa attività una opportunità di creare posti di lavoro, che dalle aziende della selezione, della preparazione per il riuso, della vendita del ‘second hand’ e del riciclo, presenti nei consolidati distretti di Prato e della Campania”.

 

“L’incenerimento – ha concluso Fluttero – rischia di diventare l’unica opzione se il mercato si dovesse bloccare. Gli sforzi e gli investimenti delle cooperative e delle aziende sociali della raccolta e della industria della selezione per creare e mantenere una catena del valore sostenibile circolare dei rifiuti tessili urbani saranno vani se crollerà la sostenibilità economica della filiera e se si bloccherà la possibilità di esportare l’usato tessile in Paesi che ne sono forti consumatori”.

 

Il documento di “Strategia europea per un tessile sostenibile e circolare” ridisegnerà il settore partendo dall’ecoprogettazione dei prodotti, al contrasto al fast fashion, alla definizione di norme aggiornate sull’End of Waste fino all’istituzione di regimi di Responsabilità dei produttori (EPR).

 

L’obiettivo è oggetto di una iniziativa legislativa attraverso la revisione della Direttiva 2008/98/CE sui rifiuti in corso di definizione in queste settimane.

 

Il problema dei rifiuti tessili non avviabili a rifiuto e riciclo

 

Un altro problema è causato dall’aumento della raccolta di rifiuti tessili non avviabili al riuso, né al riciclo. Materiale che non dovrebbe essere immesso nel sistema di raccolta differenziata dei rifiuti, ma restare nell’indifferenziato. Le conseguenze sono maggiori costi per gli operatori, dovuti ai maggiori costi di smaltimento, mettendo a rischio l’intera economia del sistema.

 

A proposito Joseph Valletti, presidente ARIU (Associazione Recuperatori  Indumenti Usati) ha sottolineato come: “Il sistema italiano fino ad oggi si è autofinanziato con i ricavi della valorizzazione delle raccolte, mentre sono ancora limitati i quantitativi avviabili a riciclo di fibra, sia per la scarsa qualità del ‘fast fashion’ che per la mancanza degli ecocontributi che saranno generati dai futuri sistemi di EPR, senza i quali il riciclo non è competitivo con le fibre vergini.

 

Un sistema in grado di rispondere positivamente per dimensione e per know how alla sfida della trasformazione da lineare a circolare di questa filiera produttiva, integrandosi con il forte comparto tessile/moda del ‘Made in Italy’ leader a livello europeo”.

 

Luca Malgeri

 

Photo: FISE

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