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Ora che ChatGPT è una presenza fissa in qualsiasi ufficio e addirittura Whatsapp impone il proprio chatbot, si susseguono gli allarmi sull’impatto ambientale dell’intelligenza artificiale (IA). Sappiamo che i data center – attivi 24 ore su 24, 7 giorni su 7 – sono estremamente energivori e che i loro sistemi di raffreddamento hanno consumato 175 miliardi di litri d’acqua solo nel 2023. Sappiamo anche che per costruire server e unità di elaborazione grafiche (Gpu) bisogna estrarre metalli rari. Ma c’è un aspetto che spesso sfugge a queste valutazioni: la produzione dei chip per l’intelligenza artificiale. A colmare questo vuoto è un report di Greenpeace intitolato, con un gioco di parole intraducibile tra “chip” e “punti di non ritorno”, “Chipping point”.
IA e consumo energetico: la produzione di chip diventa insostenibile
Il boom dell’intelligenza artificiale ha fatto la fortuna di aziende come Nvidia, reduce da un fatturato record di 130,5 miliardi di dollari nel 2024 (+114% rispetto all’anno precedente). Ma Nvidia, così come Advanced Micro Devices (Amd), Apple, Google e così via, si limita a progettare i chip ad alte prestazioni per l’intelligenza artificiale. Affidando la loro fabbricazione ad altre imprese pressoché sconosciute al di fuori della nicchia degli addetti ai lavori. Le principali hanno sede nell’Asia orientale, Taiwan Semiconductor Manufacturing Company Limited (Tsmc) è leader nella produzione dei chip logici che costituiscono il cuore delle Gpu, mentre tra Cina e Giappone SK hynix, Samsung e Micron producono i chip di memoria utilizzati nell’hardware per l’IA.
Nel 2023 per realizzare questi chip per l’intelligenza artificiale sono stati consumati 218 GWh di elettricità. Nel 2024 il totale ha sfiorato i 984 GWh: l’aumento è del 350% anno su anno. Ma è niente in confronto ai 37.238 GWh che – sulla base dei trend attuali – serviranno entro il 2030. 170 volte in più rispetto al 2030. Per avere un termine di paragone, è più energia elettrica di quella che consuma in un anno un Paese come l’Irlanda, con una popolazione di 5,3 milioni di persone. A Taiwan queste fabbriche hanno consumato 375,8 GWh lo scorso anno, all’incirca come 93mila famiglie. In Corea del Sud i consumi sono più che raddoppiati in appena un anno, passando dai 134,6 GWh del 2023 ai 315,2 del 2024.
IA e clima: l’Asia alimenta le fabbriche di chip con gas e nucleare
Più consumi significa più emissioni. A livello globale, l’energia usata per la fabbricazione di chip per l’intelligenza artificiale ha generato 453.600 tonnellate di CO2 equivalente, il quadruplo rispetto all’anno prima. D’altra parte, le fonti fossili rivestono tuttora un ruolo dominante nel mix energetico di questi Paesi. Nel 2023 arrivavano al 58,5% del totale in Corea del Sud, al 68,6% in Giappone e all’83,1% a Taiwan.
Questa impennata del fabbisogno potrebbe essere un buon incentivo per trovare modi più puliti di generare elettricità. Ma, per ora, sta succedendo l’esatto contrario. Il governo della Corea del Sud ha dato il via libera alla costruzione di un impianto di cogenerazione da 1,05 gigawatt (GW) alimentato a gas naturale liquefatto (Gnl) all’interno del mega campus industriale del colosso locale SK hynix, nella città di Yongin. Quest’ultimo farà a sua volta parte della K-Semiconductor Belt, una sorta di Silicon Valley dei chip che si estende tra Yongin e altre nove città. La K sta per Korea, ma richiama anche la disposizione di questi centri nella mappa. In questo colossale progetto ha un ruolo centrale anche Samsung, a cui saranno destinati 3 GW di nuova capacità sempre a Gnl.
Non è da meno Taiwan, dove il progetto per la costruzione di un nuovo terminal di ricezione di Gnl nel porto di Keelung prevede la conversione di quattro unità a olio da 500 megawatt in due turbine a gas da 2,6 gigawatt ciascuna. E Tung Tzu-hsien, presidente di Pegatron Corp (azienda che assembla e produce hardware conto terzi), ha chiesto a mezzo stampa di aumentare la capacità nucleare nel territorio.
Valentina Neri
Photo: rawpixel.com on freepik
Rassegna del 20 Giugno, 2025 |
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