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ISSUE 419

La grande sete di Kabul, prima città moderna senz’acqua per crisi climatica e supersfruttamento di falde

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La grande sete di Kabul, prima città moderna senz’acqua per crisi climatica e supersfruttamento di falde

Un rapporto dell'Ong Mercy Corps rivela il ruolo giocato dalla rapida urbanizzazione e dai cambiamenti climatici. L'estrazione idrica supera di 44 milioni di metri cubi all'anno il tasso di ricarica naturale, e se questa tendenza dovesse persistere, le falde acquifere potrebbero esaurirsi entro il 2030, mettendo a rischio la vita degli abitanti.

 

Kabul, la capitale dell'Afghanistan, si trova ad affrontare una crisi idrica senza precedenti che minaccia di trasformarla nella prima città moderna a rimanere completamente a secco. L'estrazione di acqua sotterranea supera drasticamente la ricarica naturale e quasi la metà dei pozzi della città fobte primaria di acqua potabile si sono prosciugati. Un rapporto dell'ONG Mercy Corps rivela che negli ultimi dieci anni il livello delle falde acquifere è sceso drammaticamente a causa della rapida urbanizzazione e dei cambiamenti climatici. L'estrazione idrica supera di 44 milioni di metri cubi all'anno il tasso di ricarica naturale, e se questa tendenza dovesse persistere, le falde acquifere potrebbero esaurirsi entro il 2030, mettendo a rischio la vita dei suoi abitanti.

 

La crescita demografica di Kabul, passata da meno di un milione di abitanti nel 2001 agli attuali sette milioni, la siccità e la contaminazione dell'acqua hanno drasticamente aumentato la domanda. Fino all'80% delle acque sotterranee di Kabul è considerato non potabile, con alti livelli di liquami, salinità e arsenico. Questa situazione ha costretto decine di migliaia di famiglie ad abbandonare le proprie case in cerca di acqua potabile. I bambini sono I soggetti più colpiti: soffrendo di malnutrizione e colera, che impedisce loro di frequentare la scuola e accedere a servizi essenziali. Le donne e le ragazze sono particolarmente svantaggiate, dovendo dedicare ore alla ricerca dell'acqua e alla cura dei familiari malati, e in alcuni casi.

 

Denunciando lo stato di crisi, l'agenzia Mercy Corps Afghanistan, sottolinea anche le difficoltà d'intervento. Valutazioni obsolete, programmazione frammentata e mancanza di condivisione dei dati riducono l'efficienza e l'impatto degli aiuti. Senza interventi, si prevede un aumento della migrazione per il popolo afghano. La mancanza di un governo centralizzato e di regolamentazione ha aggravato il problema, con aziende private che approfittano della crisi scavando nuovi pozzi e rivendendo l'acqua a prezzi gonfiati. Alcune famiglie spendono fino al 30% del loro reddito per l'acqua, e più di due terzi hanno contratto debiti legati ad essa.

 

La comunità internazionale ha mostrato un tiepido supporto. All'inizio del 2025, solo 8,4 milioni di dollari dei 264 milioni necessari per il programma di approvvigionamento idrico e servizi igienico-sanitari in Afghanistan erano stati raccolti. Inoltre, 3 miliardi di dollari di finanziamenti internazionali sono stati congelati dopo il ritorno al potere dei talebani nell'agosto 2021, e la recente decisione degli Stati Uniti di tagliare oltre l'80% dei finanziamenti dell'USAID ha aggravato la situazione. Gli aiuti a breve termine possano tamponare le sofferenze ma sono necessarie soluzioni strutturali spesso ostacolate da ragioni politiche.

 

Un progetto promettente per il futuro idrico di Kabul è la conduttura del fiume Panjshir, che, se completato, potrebbe ridurre la dipendenza dalle acque sotterranee e fornire acqua potabile a due milioni di residenti. Le fasi di progettazione sono state completate alla fine del 2024, e il governo è a caccia di fondi internazionali per coprire il costo del progetto che cuba 170 milioni di dollari.

 

Patrizia Feletig

 

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