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ISSUE 419

La Francia dichiara guerra all’ultra fast fashion

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La Francia dichiara guerra all’ultra fast fashion

E’ certamente da seguire l’iter legislativo avviato in Francia per contrastare l’ultra fast fashion, identificato nel gigante cinese Shein, che rappresenta un’accelerazione nell’applicazione delle strategie UE per la moda sostenibile.

 

Lo scenario in cui si inserisce riguarda certamente le problematiche ambientali connesse al fast fashion: in Francia, nell’arco di un decennio, il numero di capi di abbigliamento venduti annualmente è aumentato di un miliardo, raggiungendo ora i 3,3 miliardi di prodotti, ovvero più di 48 pro capite e secondo l’agenzia ambientale francese Ademe, in Francia ogni secondo vengono scartati 35 capi di abbigliamento. Ma riguarda anche politiche di difesa del sistema tessile nazionale. Come si legge nel sito del Senato francese, ‘il settore dell’abbigliamento tradizionale francese sta faticando a far fronte a tale concorrenza. Per rispettare i nostri impegni nella lotta al cambiamento climatico, è necessario tornare a volumi di produzione sostenibili’.

 

L’iter non è concluso ma indica  una strategia certamente aggressiva. Il testo di legge approvato dal Senato nei primi giorni di giugno, ha già superato il vaglio dell’Assemblée Nationale e per essere attuato deve ora essere approvato dai deputati e dai senatori in una riunione della commissione mista (Cmp) prevista per il prossimo autunno. Dovrà quindi essere sottoposto a parere anche la Commissione Europea, per garantire che la legge sia conforme al diritto dell’Unione.

 

I punti più importanti

 

La proposta di legge è una sorta di dichiarazione di guerra per le imprese del fast-fast fashion: prevede l’obbligo di informazione  sull’impatto ambientale dei capi d’abbigliamento per sensibilizzare i consumatori, alti eco-contributi con sanzioni che possono arrivare a 10 euro a capo entro il 2030, vieta la pubblicità della moda ultra-veloce, arrivando a  sanzionare gli influencer che intendono promuoverla. E’ inoltre prevista una tassa sui piccoli pacchi consegnati da aziende con sede al di fuori dell’Unione Europea, che va dai 2 ai 4 euro, un intervento che punta a colpire un altro colosso cinese particolarmente aggressivo: Temu.

 

Alcuni commentatori hanno fatto notare come focalizzarsi solo o comunque troppo su Shein impedisca di vedere il problema del fast fashion nella sua globalità, comunque sia è difficile non cogliere l’approccio protezionistico dell’iniziativa.

 

Il Senato ha inoltre deciso in particolare di destinare contributi diretti agli impianti di riciclaggio situati in Francia  anziché al finanziamento di infrastrutture di raccolta e trattamento in paesi al di fuori dell’Unione europea, al fine di promuovere lo sviluppo delle capacità nazionali di riciclaggio. 

 

Aurora Magni

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