La Newsletter di ESO
ISSUE 420

Nell’ultimo anno il 51,83% di tutta l’elettricità immessa in rete in Italia era rinnovabile

Il maggior contributo è dato dalla fonte idroelettrica e da quella fotovoltaica, mentre crolla quello del carbone

greenreport.it

Nell’ultimo anno il 51,83% di tutta l’elettricità immessa in rete in Italia era rinnovabile

Il Gestore dei servizi energetici (Gse) ha appena reso disponibile la composizione del mix energetico nazionale dell'energia elettrica immessa in rete nell’ultimo anno.

 

«In particolare – snocciola il Gse – nel 2024 si conferma il trend di crescita dell'energia immessa nel sistema elettrico nazionale prodotta da fonti rinnovabili, passata da 104,2 TWh nel 2023 a 118,4 TWh nel 2024. Il maggior contributo è dato dalla fonte idroelettrica e da quella fotovoltaica, in crescita rispetto all'anno precedente. Parallelamente, si registra un calo dell'energia elettrica immessa in rete da fonti fossili, passata da 120,8 TWh nel 2023 a 110,07 TWh nel 2024, dovuto in particolare al crollo dell'energia elettrica prodotta dalle centrali a carbone».

 

I dati forniti fanno da specchio a quelli già messi a disposizione da Terna, il gestore nazionale della rete elettrica in alta tensione, i quali mostrano che sempre nel 2024 la domanda nazionale di elettricità è stata soddisfatta per il 41,2% da fonti rinnovabili, mentre a maggio 2025 la performance è arrivata al 55,9%.

 

C’è comunque molto terreno da recuperare: entro il 2030 l’Italia dovrà raggiungere, secondo quanto previsto dal decreto Aree idonee, 80.001 MW di nuova potenza considerando le installazioni realizzate a partire dal 2021. Un obiettivo lontano, dato che con le installazioni degli ultimi quattro anni il Paese ha raggiunto appena il 24,1% dell’obiettivo (19.297 MW di nuova potenza installata dal 2021 al 2024). Per colmare questo ritardo, snocciola Legambiente, l’Italia dovrà realizzare nei prossimi 5,5 anni 60.704 MW, pari ad una media di 11.037 MW l’anno: parliamo di almeno 3.557 MW in più rispetto a quanto fatto nel 2024 (7.480 MW).

 

Rallentare le installazioni significa limitare i benefici ambientali della transizione energetica, ma anche quelli economici, con l’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) a certificare che raggiungere gli obiettivi al 2030 sulle rinnovabili significherebbe, per l’Italia, ridurre di due terzi il costo all’ingrosso dell’elettricità (Pun), al quale è indicizzato il costo delle bollette anche se non è l’unica voce di costo a comporle.

 

Le fonti rinnovabili stanno infatti già abbassando il prezzo all’ingrosso dell’elettricità (che è una delle quattro principali componenti del costo in bolletta), e l’auspicio è che già dal 2026 le zone di mercato – tra le sette in cui già oggi è diviso il sistema elettrico italiano – in cui è più massiccia la presenza dei più economici impianti rinnovabili possano far valere questo vantaggio. 

 

A metterlo in chiaro, da ultimo, è stato anche l’Ocse: «Semplificare le procedure autorizzative ridurrebbe la dipendenza dal gas naturale e abbasserebbe i costi dell’energia».

 

Luca Aterini

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Rassegna del 04 Luglio, 2025

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