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Basteranno poco meno di due miliardi e mezzo di euro euro per migliorare la qualità dell’aria del nostro Paese, dove molte città sforano costantemente le concentrazione di polveri sottili, PM2,5 e PM10? Il Consiglio dei ministri ci prova, e nei giorni scorsi ha approvato il Piano di azione nazionale per il miglioramento della qualità dell’aria, uno strumento strategico per ridurre l’inquinamento atmosferico e adeguare l’Italia agli obblighi previsti dalla normativa ambientale europea. Che ha una dotazione complessiva che appunto è di 2,4 miliardi di euro, di cui 1,7 miliardi stanziati dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, ed è frutto del lavoro della Cabina di regia istituita presso la presidenza del Consiglio, in collaborazione con Regioni, enti locali e ministeri competenti.
Gli interventi per migliorare la qualità dell’aria
Il Piano si articola in quattro principali ambiti di intervento: la prima riguarda la riduzione delle emissioni in agricoltura, attraverso l’adozione di tecniche a basso impatto emissivo; la seconda la promozione della mobilità sostenibile, con particolare attenzione al trasporto pubblico locale, ai percorsi casa-scuola e casa-lavoro, e allo sviluppo della sharing mobility: a questo proposito, 800 milioni di fondi del Mase saranno destinati ai Comuni per progetti di sviluppo del trasporto pubblico e riduzione del traffico privato nei centri urbani. Il terzo punto è relativo agli sforzi per l’efficientamento degli impianti di riscaldamento civile, privilegiando tecnologie meno inquinanti rispetto agli impianti obsoleti a biomassa. Infine, è prevista una campagne di informazione e sensibilizzazione, per favorire comportamenti virtuosi da parte dei cittadini.
Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin assicura che si tratta di un piano “ambizioso ma realistico, che punta a conciliare tutela della salute, sostenibilità ambientale e compatibilità economico-finanziaria. Una risposta concreta alle sfide europee e un segnale chiaro ai cittadini e alle imprese: migliorare la qualità dell’aria è un impegno comune e non più rinviabile”. Il Piano prevede inoltre un incentivo al cold ironing nei porti, l’elettrificazione delle banchine portuali per un ormeggio sostenibile e a basse emissioni: di fatto uno sconto sugli oneri di sistema per favorire l’uso dell’elettricità da terra da parte delle navi ormeggiate. Un’altra azione prevista è il rafforzamento dei controlli sugli impianti domestici più inquinanti, in particolare quelli alimentati a biomassa legnosa.
Infine, il piano introduce un sistema strutturato di monitoraggio e governance multilivello, basato sulla cooperazione tra amministrazioni centrali, regionali e locali, per garantire un’attuazione efficace e condivisa delle misure. Il modello si fonda sui principi di integrazione, responsabilità e partecipazione: tutte le amministrazioni, da quelle più locali al governo nazionale, lavoreranno allo stesso obiettivo di realizzare un cambiamento sistemico e duraturo nella gestione della qualità dell’aria in Italia.
Va bene il piano, ma va fatto veloce
Ma basterà? Naturalmente ad oggi il piano si riduce a obiettivi e intenti scritti su carta: tutto starà a vedere quali saranno modalità e soprattutto tempistiche di attuazione. Perché l’emergenza non è futuribile ma è già qui e già ora: secondo il recente report Mal’Aria di città 2025 di Legambiente, il 71 per cento dei capoluoghi italiani (per non parlare della Pianura padana) supererebbe già oggi i nuovi limiti europei per il PM10 e quasi la metà quelli per il biossido di azoto (NO₂).
La nuova direttiva Ue, in vigore dal 2030, dimezzerà i limiti annuali per le polveri sottili, obbligando città come Milano, Vicenza e Palermo a tagliare le emissioni anche del 40–50 per cento. Secondo lo stesso report, l’inquinamento atmosferico provocherebbe ancora circa 50mila morti premature ogni anno in Italia. In questo contesto, il Piano nazionale appare come un buon punto di partenza, ma ancora privo della concretezza necessaria a centrare gli obiettivi sanitari e ambientali più stringenti. Serviranno azioni rapide e strutturali, altrimenti il rischio è quello di restare indietro, con la salute pubblica ancora una volta a pagarne il prezzo.
Simone Santi
Rassegna del 04 Luglio, 2025 |
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