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ISSUE 421

Altromercato, nel bilancio di sostenibilità le storie di un’altra via possibile

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Altromercato, nel bilancio di sostenibilità le storie di un’altra via possibile

Altromercato è una solida realtà nel commercio equo e solidale: l’ultimo bilancio di sostenibilità fa luce su tantissimi progetti di sviluppo economico e sociale, attenzione alla sostenibilità della filiera e agli impatti lungo l’intero ciclo di vita. Ed è l’esempio che le cose si possono fare, senza nascondersi nel greenwashing.

 

Altromercato ha dimostrato che il commercio equo, il rispetto della filiera, i diritti dei produttori e una rete di distribuzione sostenibile sono possibili e compatibili con la crescita economica. I risultati in questo senso parlano da soli. Nata nel 1988 come un’idea di rottura negli anni dei supermercati e del consumismo dilagante, oggi Altromercato è un’azienda sui generis: è un’impresa sociale senza scopo di lucro con la complessità di una multinazionale, distribuisce in 200 botteghe, importa da 140 gruppi di produttori sparsi in 40 paesi del mondo, tra cui molti a basso reddito, oltre a gestire progetti di sviluppo direttamente in queste nazioni, ma anche attività di formazione sia ai produttori locali, sia nelle scuole in Italia.

 

Eppure Altromercato mantiene una dimensione da piccola e media impresa, con un valore economico generato di circa 36,5 milioni di euro. Per scoprire “chi è” Altromercato basta leggere l’ultimo bilancio sociale e di sostenibilità, ricco di analisi approfondite di filiere molto complesse, ma anche parecchia narrativa su quale è la loro filosofia e idea di mercato. E molta attenzione al greenwashing: per un’azienda come Altromercato che fa della sostenibilità il “core business” è fondamentale una verifica precisa delle informazioni comunicate. 

 

Il reporting di sostenibilità e la retromarcia dell’Ue

 

Mettere insieme in un bilancio di sostenibilità tutte queste cose non è stato semplice, come raccontano a EconomiaCircolare.com Alessandro Franceschini, presidente di Altromercato, e Valeria Calamaro, responsabile marketing e sostenibilità, nel corso di una lunga intervista. “Le nuove normative europee sul reporting di sostenibilità ci hanno aiutato parecchio per raccoglierle in maniera organica e mettere ordine alla matassa di informazioni e poi raccontarle”, spiega Valeria Calamaro. “Soprattutto per quanto riguarda il calcolo delle emissioni di CO₂ ci mancavano le competenze necessarie e avere una compliance normativa è stato utile”.

 

Così è stato possibile scoprire che sul fronte della sostenibilità ambientale, Altromercato ha superato i propri obiettivi di riduzione nei consumi (-20%) rispetto al biennio 2020-2021, con un -31,6% per l’energia elettrica e un -53% nel gas. “Abbiamo fatto un grande lavoro sull’efficientamento energetico e investito in pannelli fotovoltaici per la copertura del nostro magazzino, oltre a usare energie green di origine certificata, grazie a una partnership con Dolomiti Energia”, precisa Calamaro. Nell’ambito della logistica e delle consegne su gomma, attraverso una gestione ottimizzata dei magazzini e dei carichi di merce nell’hub, è stato stimato un risparmio di 3,77 milioni di chilometri e 131 tCO₂ equivalenti.

 

Una valutazione di sostenibilità che si è estesa all’intera catena di fornitura. “L’analisi del ciclo di vita della nostra filiera è stata la parte più difficile”, ammette Calamaro. “Abbiamo fatto una rilevazione dei dati primari di sei filiere in continenti diversi, ma solo il 13% dei nostri produttori è stato in grado di fare la misurazione della CO₂. Dopodiché siamo passati alla carbon footprint di organizzazione e anche in questo caso è stato molto complicato perché ci mancavano i dati primari, ma siamo riusciti a individuare gli impatti principali, sostanzialmente nella parte agricola e di lavorazione. È stato un onere notevole ma ci ha permesso di comprendere meglio gli impatti di emissioni nelle diverse fasi della filiera e della nostra attività e agire con consapevolezza”.

 

Eppure, adesso, l’Unione Europea sembra fare retromarcia sulla rendicontazione di sostenibilità. “Eravamo rimasti molto soddisfatti a vedere l’interesse dell’Ue su temi come la due diligence o i green claims, poi purtroppo c’è stato un oggettivo allentamento”, riconosce Alessandro Franceschini. “La speranza è che sarà il mercato a premiare realtà come la nostra che sulla sostenibilità lavorano da anni e non fanno greenwashing, anche se purtroppo la retromarcia dell’Ue dimostra che il vento sta cambiando”.

 

Sicuramente Altromercato è un osservatore di primo piano vista l’esperienza decennale nel commercio equo e solidale. “Eppure il rischio opposto di un’eccessiva burocratizzazione esiste: tante di queste normative sono arrivate a sovrapporsi parzialmente, le aziende si sono trovate spiazzate dalla mole di dati richiesta e i cittadini vorrebbero vedere iniziative concrete, mentre le performance ESG sono un tema percepito come tecnico e distante”, avverte il presidente di Altromercato.

 

Oltre ai dati è importante lo storytelling

 

Perciò, “serve raccontare storie, comunicare alle persone come la sostenibilità si manifesta in pratica”, è l’opinione di Franceschini. Anche perché il mercato sostenibile sta cambiando. “Il nostro target di riferimento è composto principalmente da pubblico femminile di età compresa tra i 40 e i 55 anni che appartiene alla ‘prima’ generazione alle origini del commercio equo e solidale. Trasferire queste informazioni ai più giovani non è stato semplice. Fortunatamente, però stiamo assistendo a un ‘ritorno’ della generazione tra i 20 e i 25 anni”, racconta il presidente di Altromercato.

 

Merito del lavoro fatto nelle scuole, con iniziative di formazione, ma anche di una comunicazione più “aggressiva” che si rivolge al consumatore come strumento di cambiamento e piace di più ai giovani. “È un grande mezzo contro l’eco-ansia. Dire ai ragazzi nelle scuole o sui canali social: l’alternativa al mercato tradizionale esiste, è possibile”. Un messaggio politico forte e chiaro, insomma, viene prima di ogni cosa: il bilancio di sostenibilità serve a supportare la comunicazione con le evidenze. Un esempio è stata la campagna europea per la giustizia climatica “Let’s do it fair”, il cui messaggio chiave era che la crisi climatica non è un tema solamente ambientale e se vogliamo arrivare alla transizione ecologica è fondamentale ridurre povertà e disuguaglianze.

 

Nel caso di Altromercato si è concretizzata con dei progetti in Nicaragua e Guatemala a favore dell’empowerment delle donne e della protezione climatica. “Quando abbiamo cominciato a lavorare l’attenzione era orientata soprattutto sugli squilibri economici che avevano un forte impatto sociale, adesso si è aggiunto il tema della giustizia climatica, perché a essere maggiormente penalizzate dal cambiamento climatico sono le comunità e piccole realtà locali in nazioni a basso reddito che non hanno neppure le risorse economiche per farvi fronte”, spiega Franceschini.

 

I progetti di Altromercato: tra sviluppo e formazione

 

Tutte le azioni di Altromercato cercano in ogni occasione di sottolineare questo duplice aspetto. “Dobbiamo stimolare il dibattito sugli impatti climatici sulle filiere, evidenziare il fil rouge che collega le dinamiche ambientali all’impoverimento nelle comunità più fragili. Con il nostro quarto Bilancio sociale e di sostenibilità raccontiamo una storia di resilienza e innovazione, fatta di azioni concrete che mettono al centro il tema delle relazioni, la crescita sostenibile e il sostegno ai produttori locali”, afferma Alessandro Franceschini.

 

Un esempio è il progetto realizzato da Altromercato in Kenya, a supporto di una realtà attiva nella produzione di infusi a base di karkadè, con l’obiettivo di favorire l’indipendenza energetica e ridurre l’impatto ambientale della produzione attraverso l’uso di energie rinnovabili. “Oltre a migliorare la sostenibilità della filiera, l’intervento ha portato benefici diretti ai lavoratori della fabbrica, che hanno ricevuto kit solari domestici per sostituire l’uso del gasolio nelle abitazioni”, aggiunge Valeria Calamaro. Un’altra iniziativa del genere ha coinvolto la filiera delle spezie, particolarmente colpita negli ultimi anni da blackout elettrici, con gravi ripercussioni sulla produzione e sui costi.

 

In ottica rigenerativa degli ecosistemi locali, attraverso la collaborazione con la cooperativa peruviana Norandino, impegnata nella produzione di cacao, caffè e altri beni, in quattro anni sono stati piantumati oltre 62.000 alberi, inclusi 12.800 alberi forestali per la biodiversità, con un impatto positivo nella riduzione della pressione sulle foreste locali, un miglioramento delle colture e l’alimentazione di un sistema agroforestale che contribuisce alla resistenza climatica per le comunità. La stima dell’assorbimento di carbonio è stata di 38 kg CO₂ per ettaro l’anno per gli alberi di cacao; gli ettari coinvolti sono 10 di foresta e 41,8 coltivati ad alberi di cacao.

 

Un elemento centrale dell’approccio di Altromercato, infine, è il supporto tecnico e formativo alle comunità locali con l’obiettivo di favorire la diffusione di buone pratiche agricole in contesti caratterizzati dalla mancanza di risorse economiche. “In diversi progetti – come quelli in Togo ed Ecuador – si è investito nel rafforzamento delle strutture agronomiche, formando tecnici e agronomi locali in grado di accompagnare i produttori in interventi mirati: dall’introduzione di varietà più resistenti alla gestione delle piogge attraverso i terrazzamenti, fino all’inserimento di alberi ad alto fusto che migliorano la biodiversità e proteggono il suolo”, racconta Calamaro.

 

Si tratta di programmi di micro cooperazione all’interno del protocollo Made in Dignity di cooperazione integrata e sono pensati per migliorare concretamente le filiere produttive delle organizzazioni partner coinvolte. Ogni programma prevede un monitoraggio semestrale basato su KPI, per valutare l’impatto sostenibile e il supporto diretto ai produttori tramite fondi destinati a iniziative sociali, economiche e ambientali. Da un lato, questi interventi – come dimostra il caso dell’agroforestazione in Togo per l’integrazione tra coltivazioni e specie forestali – hanno generato un aumento della produttività e del reddito per le comunità coinvolte. Dall’altro sono un modo per valorizzare pratiche e conoscenze tradizionali, come i giardini di spezie dove convivono piante diverse in modo complementare: tè, banane, cocco, curcuma, zenzero.

 

Le buone pratiche di economia circolare di Altromercato

 

Un caso, quest’ultimo, che è un ottimo esempio di economia circolare: le foglie e i residui vegetali dei giardini di spezie, infatti, vengono riutilizzati per la pacciamatura. Non solo: “i produttori di spezie hanno formato una cooperativa che realizza carta fatta a mano da fibre riciclate, mescolando carta recuperata localmente con foglie di canna di zenzero”, spiega Calamaro. Il processo è completamente manuale, con gruppi di lavoratrici donne che realizzano i fogli usando presse a mano e asciugatura naturale. La carta viene poi usata per fare gli involucri in cui mettere le spezie per la vendita. “A questa si affianca un’altra cooperativa impegnata nel compostaggio delle fibre vegetali, che restituisce compost a tutti i soci”, aggiunge la responsabile marketing e sostenibilità di Altromercato.

 

Per fare un esempio da un’altra filiera, il bagasso, ovvero la parte fibrosa residua delle canne da zucchero dopo la spremitura, viene riutilizzato per alimentare le caldaie. “In questo modo, la fase di cottura del succo che, una volta raffreddato, diventa zucchero in polvere, avviene in un processo interamente circolare, senza bisogno di fonti energetiche esterne”, precisa Calamaro.

 

Non bisogna infine dimenticare che Altromercato ha quasi duecento punti vendita e come tutte le attività commerciali di questo tipo deve confrontarsi con il problema del packaging. “Cerchiamo di seguire una logica il più possibile circolare – spiega Calamaro – come dimostra il caso di prodotti da ricorrenza (uova di Pasqua, panettoni, colombe) i cui i rivestimenti non sono in plastica o alluminio, ma in tessuti ricavati da scarti fibrosi, lavorati a mano, essiccati al sole e prodotti da cooperative femminili. Non sono riciclabili, ma sono riutilizzabili e i consumatori hanno apprezzato molto l’idea. Dal lato e-commerce evitiamo completamente la plastica e usiamo solo imballaggi in carta certificata FSC”, conclude la responsabile marketing di Altromercato.

 

Tiziano Rugi

 

 

Photo: Altromercato

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