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Aumenta l’utilizzo di materiali riciclati, ma la fame di materie prime cresce più veloce. Così, l'economia circolare resta lontana
Si sa che una delle strade maestre per riconfigurare il modello di sviluppo nel senso della sostenibilità è un radicale cambio di paradigma nel sistema di produzione e consumo: basta col “prendi, produci, getta” dell’economia lineare, avanti tutta col “riduci, riutilizza, ricicla” dell’economia circolare. Il punto è capire se e quanto rapidamente il mondo stia andando in questa direzione. Un rapporto curato da Circle Economy con Deloitte Global dice che c’è ancora parecchio da fare.
Solo il 6,9% delle materie prime utilizzate nel mondo proviene da riciclo
Il rapporto si chiama Circularity Gap Report 2025, è realizzato dal 2018 e, come dice il nome, misura la distanza che resta da coprire in termini di circolarità. Detto altrimenti, fotografa il punto in cui ci troviamo con riferimento alla transizione dal modello di economia lineare a quello circolare. Per farlo, utilizza 11 indicatori e 23 sotto-indicatori, mettendoli a disposizione di aziende, organizzazioni e decisori politici, cui spetta il compito di decidere dove e come intervenire. Vediamone i dati fondamentali.
Ogni anno, stando al rapporto, si utilizzano 106 miliardi di tonnellate di materiali per soddisfare le esigenze dell’economia globale. Però solo il 6,9% di questa quantità impressionante proviene da fonti riciclate. Ciò significa che rispetto al 2015 c’è stato un calo a livello globale del 2,2%. La larghissima maggioranza dei materiali riciclati arriva da rifiuti industriali e di demolizione, mentre i rifiuti domestici, da oggetti di uso (e scarto) quotidiano, rappresentano solo il 3,8%.
In teoria, se tutto il riciclabile fosse effettivamente riciclato e senza ridurre i consumi, si potrebbe compiere un balzo fino ad arrivare al 25%. Anche se è lo stesso rapporto a dire che questo è un traguardo di fatto irraggiungibile o quanto meno improbabile, perché il riciclo di alcuni materiali è eccessivamente costoso e difficile da effettuare.
Clima, biodiversità, resilienza: i vantaggi dell’economia circolare
Accelerare sull’economia circolare ha molti vantaggi, oltre ovviamente a quello di ridurre la quantità di materiali che vengono utilizzati – e ancor prima estratti o comunque “strappati” – alla natura. Contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra, aiuta a proteggere la biodiversità, aumenta la resilienza del modello di sviluppo. Il problema è che oltre il 90% dei materiali che utilizziamo a scopi economici diventano alla fine rifiuti o emissioni, restando fuori dal circolo virtuoso del riciclo.
Dal 2018 al 2021 l’utilizzo di materiali riciclati è comunque aumentato, di 200 milioni di tonnellate. Ma questo incremento senza dubbio positivo è stato vanificato dal fatto che contemporaneamente si è incrementato ancora di più il consumo complessivo di materiali. La capacità dei sistemi di riciclo, cioè, non ha tenuto il passo con la crescita nell’utilizzo dei materiali che vengono utilizzati a fini produttivi.
Cosa fare per rendere più circolare la nostra economia
La prima cosa da fare secondo il rapporto, allora, è ridurre la dipendenza del ciclo economico dai materiali “vergini”, continuando ad aumentare l’utilizzo di quelli riciclati. Ma ci sono anche altre priorità. Ad esempio, la riduzione complessiva dell’utilizzo di materiali. Il miglioramento dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse e anche nelle catene del valore. La progettazione di prodotti che già a livello di design rispondano a principi e criteri di durabilità, riparabilità, modularità (vade retro obsolescenza programmata, insomma), per minimizzare la produzione di rifiuti. Ovviamente, un aumento degli sforzi (in infrastrutture, tecnologie) nelle attività di raccolta e riciclo, per renderle sempre più efficienti.
Indicazioni che in gran parte, com’è evidente, presentano importanti assonanze con l’approccio della decrescita felice, con quello più recente della post-crescita o comunque con le critiche sempre più diffuse, articolate e robuste al dogma neoliberista della crescita infinita. Che le stesse Nazioni Unite definiscono ormai un “mito pericoloso” che è alla radice di un’infinità di problematiche, crisi climatica inclusa.
Serve una risposta globale e sistemica
Negli ultimi cinquant’anni l’estrazione di materiali nel mondo è più che triplicata. Ci sono previsioni secondo le quali, se non si inverte la tendenza, potrebbe aumentare di un altro 60% entro il 2060. Per restare entro i limiti degli obiettivi dell’Accordo di Parigi bisogna che il tasso di circolarità salga prepotentemente, dall’attuale 6,9% al 17% entro il 2032. E questo per rispettare la soglia meno sfidante, cioè un aumento di 2 gradi centigradi delle temperature medie terrestri entro fine secolo.
Mission impossible? Forse no, ma a condizione di agire su scala globale e in modo sistemico. Servono obiettivi globali basati sulla scienza e serve, soprattutto, che i governi mettano in campo politiche adeguate che creino le condizioni per raggiungerli. Ad esempio spostando gli oneri fiscali dal lavoro all’uso dei materiali. «Il cambiamento sistemico tanto necessario – ha commentato Ivonne Bojoh, Ceo di Circle Economy – richiede un cambiamento radicale. Dobbiamo tutti fare scelte diverse, essere audaci e investire per implementare soluzioni circolari lungo tutte le catene del valore».
Il ruolo della finanza nel far decollare l’economia circolare
Forse non sarà sufficiente, ma la condizione necessaria per far decollare l’economia circolare è sicuramente che si riescano a orientare a tale scopo adeguate risorse finanziarie. Anche qui la domanda è: lo si sta facendo? A rispondere è un altro report pubblicato da Circle Economy, in collaborazione con Kpmg International e col supporto di International Finance Corporation. Il Circularity Gap Report Finance, stavolta il primo nel suo genere, ha analizzato gli investimenti nelle aziende impegnate nell’economia circolare effettuati a livello globale tra 2018-2023.
I dati dicono che nel periodo indicato le aziende “circolari” hanno attirato circa 164 miliardi di dollari di flussi finanziari. Con un andamento fortemente crescente, perché tra 2021-2023 tali investimenti sono aumentati dell’87% (il picco nel 2021 con 42 miliardi di dollari) rispetto agli anni 2018-2020. A dimostrazione che gli investitori ne percepiscono il grande potenziale. Il problema è che i capitali per la maggior parte vanno ancora verso soluzioni circolari più convenzionali e datate (riparazione di autoveicoli, riciclo di prodotti elettronici). Restano invece sotto finanziate le soluzioni a più alto impatto (innovazioni nella progettazione e nella produzione, capaci di eliminare alla fonte sprechi e inquinamento), che raccolgono meno del 5% degli investimenti totali. Significa che la finanza “circolare” ha davanti a sé delle praterie.
Andrea Di Turi
Photo: frimufilms on freepik
Rassegna del 18 Luglio, 2025 |
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