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ISSUE
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greenreport.it
Il rapporto tra farmaci e ambiente è sconosciuto ai più, sappiamo però che entro il 2050 l’antimicrobico-resistenza causerà 10 milioni di morti all’anno. Non è una novità dei nostri giorni: già nell’ottobre 1956, al 4° Annual antibiotics symposium tenuto all’Hotel Willard InterContinental (Washington D.C.), il capo del settore antibiotici della Fda, il dott. Henry Welch (PhD in Batteriologia medica) sosteneva “Siamo entrati nella terza era della terapia antibiotica”.
La prima era aveva coinvolto gli antibiotici “a spettro ridotto”, come la peniccilina. La seconda era aveva avuto inizio con l’introduzione di terapie ad ampio spettro, come il Terramycin della Pfizer, efficaci contro una gamma di batteri infettivi. La terza era sarebbe stata caratterizzata da combinazioni “sinergiche” di terapie differenti in grado di attaccare perfino le malattie che resistevano agli antibiotici tradizionali.
Dopo la conferenza del dr. Welch, la Pfizer annunciò l’immissione in commercio del Sigmamycin, promosso dall’azienda come la prima “combinazione sinergica” in grado di attaccare “i germi che hanno imparato a convivere con i vecchi antibiotici”.
Le cause dell’antimicrobico-resistenza sono molteplici: il paziente che “impone” la prescrizione al medico, il pediatra che prescrive antibiotici per evitare rischi per i piccoli, l’utilizzo/dose/tempo sbagliato nei Paesi del Terzo mondo, ma in pochi sono a conoscenza che i “colpevoli” sono anche i depuratori che non riescono a trattare i farmaci, che di conseguenza contaminano l’ambiente.
Oggi i farmaci, considerati contaminanti emergenti, anche a basse concentrazioni possono rappresentare un rischio ambientale e sanitario importante: per tale motivo è nata l’ecofarmacovigilanza e dal 2006 la normativa europea richiede, in fase di registrazione, la valutazione del rischio ambientale dei principi attivi farmacologici.
Le poche informazioni disponibili sull’impatto ambientale e sanitario dei farmaci sono sparse in centinaia di pubblicazioni. Mancava un testo che facesse il punto della situazione come il mio Trattato sull’ecofarmacovigilanza (editore La Valle del Tempo) con le prefazioni del prof. Fabrizio Pregliasco dell’Università “La Statale” di Milano, della prof.ssa Ivana Cacciatore e della dott.ssa Lisa Marinelli della Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Cheti - Pescara “Gabriele d’Annunzio”, oltre che della dott.ssa Anna Lombardo dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”.
Le sostanze farmaceutiche vengono eliminate dal corpo principalmente attraverso l’urina e le feci, sia in forma immodificata sia come metaboliti, anche attivi, e raggiungono gli impianti di trattamento delle acque reflue tramite la rete fognaria; i depuratori tuttavia non sono in grado di eliminarle totalmente, per cui ne sono state rilevate in fiumi, laghi, mari, nelle acque sotterranee e persino nell’acqua potabile. Antibiotici e metaboliti vengono quindi immessi in corsi d’acqua, laghi o mare con le acque in uscita dal depuratore oppure nei suoli tramite l’utilizzo dei fanghi di depurazione come concime nei campi; dai suoli possono infine raggiungere nuovamente le acque superficiali o le acque di falda per percolazione.
La nuova Direttiva europea sulle acque reflue prevede l’adeguamento degli impianti di depurazione con il trattamento quaternario per rimuovere i farmaci. In virtù della Responsabilità estesa del produttore (Epr) le aziende farmaceutiche e cosmetiche dovranno finanziare per almeno l’80% l’introduzione del trattamento quaternario. Le aziende cosmetiche potranno aumentare i prezzi e compensare la spesa, mentre le aziende farmaceutiche non avendo discrezionalità nella fissazione dei prezzi rischiano di soccombere, infatti a marzo più aziende farmaceutiche e associazioni di categoria hanno presentato ricorso alla Corte di giustizia dell’Ue sostenendo il rischio economico e l’accesso dei pazienti a farmaci essenziali. Le aziende farmaceutiche sostengono un rischio “scomparsa” per il tamoxifene, la metformina, l’amoxicillina e il levetiracetam.
Le stime sul costo di adeguamento degli impianti sono molto varie:
- 1.213.000.000 euro, secondo la Commissione europea;
- da 4.425.000.000 a 5.125.000.000 di euro, secondo l’Agenzia tedesca per l’ambiente;
- 6.100.000.000 di euro e costi operativi annui fino a 800.000.000 di euro secondo Utilitalia e Irsa-Cnr.
L’adeguamento dei depuratori, a mio avviso, sembra assai lontano ed è quasi impossibile, come anche la scoperta di una nuova classe di antibiotici (che manca dagli anni ‘80). Forse l’ultima carta da giocare resta l’utilizzo di vaccini contro le infezioni ospedaliere (anche se sono ancora in Fase 1) come quello per lo Staphylococcus aureus, il Mycobacterium tuberculosis, l’Escherichia coli extra-intestinale, la Pseudomonas aeruginosa, la Candida albicans, il Clostridium difficile e lo Streptococcus pneumoniae.
Adriano Pistilli
Photo: greenreport.it
Rassegna del 30 Agosto, 2025 |
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