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ISSUE 423

Pmi, sono poco circolari: rischiano di bloccare la transizione ecologica

biopianeta.it

Pmi, sono poco circolari: rischiano di bloccare la transizione ecologica

Le pmi sono il 90% delle aziende a livello mondiale: ma rappresentano anche il 70% dell’inquinamento globale. Ecco perché la transizione non può fare a meno di loro. Eppure ci sono troppe barriere all’economia circolare e in molte pmi manca persino la conoscenza del problema: uno studio cerca di indirizzarne le mosse strategiche.

 

Gli obiettivi della transizione ecologica non saranno raggiunti se, accanto alla decarbonizzazione delle multinazionali e delle grandi aziende fossili, non sarà ridotto anche l’impatto ambientale delle piccole e medie imprese. È la premessa con cui comincia l’articolo “Circular Economy in Small and Medium-Sized Enterprises – Current Trends, Practical Challenges and Future Research Agenda”, un’analisi nata dalla collaborazione tra ricercatori australiani e britannici sul ruolo delle pmi nel percorso verso l’economia circolare.

 

È fuori discussione che le multinazionali dei combustibili fossili siano da decenni la principale causa di inquinamento ambientale e del riscaldamento globale. Tuttavia bisogna considerare che oltre il 90% delle imprese in tutto il mondo sono Pmi: sono il cardine economico in molte nazioni, sono un elemento centrale in molte catene di fornitura e danno lavoro al 60% degli occupati a livello globale. Ma sono responsabili anche del 70% dell’inquinamento su scala mondiale e quelle attive nel manifatturiero contribuiscono a quasi il 65% dell’inquinamento atmosferico, dovuto principalmente alla scarsa conformità ai sistemi di gestione ambientale.

 

Da qui due considerazioni: la prima, appunto, è che la transizione ecologica non può fare a meno di loro per raggiungere gli obiettivi. La seconda è che a livello di piccole e medie imprese c’è ancora troppa poca conoscenza sulle tematiche ambientali, non sono state coinvolte pienamente nel percorso verso la sostenibilità – lo dimostra la riluttanza dell’Unione Europea di inserirle negli obblighi di disclosure di direttive come la CSRD – sia a livello istituzionale, sia a livello di scelte imprenditoriali.

 

Ecco allora la necessità, sostengono i ricercatori autori dello studio, pubblicato sulla rivista Systems, di fare un’analisi a tutto campo che si concentri sulle pratiche e le performance di sostenibilità delle pmi, analizzando fattori trainanti, colli di bottiglia e opportunità di integrare l’economia circolare nella gestione di questa categoria di aziende. Al termine dell’analisi, gli autori propongono un approccio step by step con strumenti pratici per superare le barriere e sfruttare al meglio gli aspetti abilitanti che tenga conto dei vari fattori tecnologico, organizzativo, ambientale, economico, di marketing, gestione del personale e rapporti con gli stakeholder.

 

Quali sono gli ostacoli alla circolarità delle pmi

 

Dalla mancanza di competenze, alla burocrazia, ai costi, fino alla sfiducia del mercato: sono tanti gli ostacoli in questo percorso individuati dagli autori. Tra le sfide economiche citate nella review, una particolarmente ostica sono gli alti costi di transizione che saranno dovuti allo sviluppo di soluzioni green o investimenti in tecnologie più moderne. Un altro tema riguarda l’eventuale assenza di politiche pubbliche e normative adeguate relative al supporto finanziario e agli incentivi.

 

Le sfide sul fronte tecnologico includono colli di bottiglia legati alla progettazione di prodotti riutilizzabili o recuperabili, la mancanza di conoscenza relativa alla proprietà intellettuale o ai brevetti, e l’assenza di competenze tecniche e capacità di innovazione. Tutto ciò “porta le pmi a credere che sviluppare prodotti e servizi sostenibili sia un costo anziché un investimento”, notano gli autori.

 

Inoltre, numerosi studi hanno rilevato un elevato gradi di incertezza riguardo alla reattività dei clienti e la conseguente domanda per prodotti riciclati, riutilizzati o rigenerati. La mancanza di standard tecnici relativi a tali prodotti o servizi si aggiunge in questo contesto aumentando il senso di sfiducia nel mercato. Le pmi dovrebbero quindi adottare strategie di marketing e iniziative educative per migliorare la consapevolezza e l’accettazione da parte dei consumatori di prodotti riciclati e rigenerati, sviluppare un mercato per i prodotti recuperati e utilizzare la consapevolezza ambientale come strumento per la differenziazione e il rafforzamento del marchio.

 

Quali sono i fattori abilitanti della circolarità nelle aziende

 

Sviluppo tecnologico e stakeholder, tuttavia, indirizzano inesorabilmente le pmi verso l’economia circolare. “La tecnologia, a causa dei continui avanzamenti – scrivono gli autori – spingerà le pmi a cercare sempre nuove tecnologie non solo per allinearsi alle esigenze dei clienti ma anche per sviluppare prodotti e servizi sostenibili”. In particolare, le nuove tecnologie come l’IoT, il visual computing e i big data applicate nell’industria 4.0 saranno il principale fattore abilitante perché aiutano le aziende a prendere decisioni più reattive e migliori, anche nel campo dell’economia circolare.

 

Le aziende dovranno anche pensare a processi e attività che le aiutino a sviluppare prodotti e servizi allineati con i principi dell’economia circolare. Esempi di fattori abilitanti in questo ambito sono per lo più legati allo sviluppo di reti di fornitori con basso impatto ambientale, un adeguato sistema di gestione delle scorte sia per le materie prime sia per i prodotti rigenerati, un aumento e una condivisione efficiente delle informazioni e un migliore utilizzo delle risorse, e un know-how adeguato per migliorare i processi esistenti secondo i requisiti dell’economia circolare.

 

Se prima sono stati esaminati gli ostacoli del mercato, adesso è il caso di considerarne l’aspetto propulsivo verso la circolarità: le pmi secondo gli autori hanno un duplice stimolo da parte dei clienti e della concorrenza a restare aggiornate ed essere attive sui temi ambientali. Altre considerazioni economiche che possono incoraggiare le pmi sono legate alle prospettive commerciali. Un primo aspetto è l’identificazione di nuovi mercati per prodotti e servizi rigenerati, riutilizzati e riciclati e alla prospettiva dei risparmio sui costi e i benefici ottenuti grazie alla progettazione, sviluppo e produzione di prodotti e servizi eco-sostenibili attraverso l’adozione dell’economia circolare.

 

Le strategie verso la circolarità nelle pmi

 

In risposta a ciascuna di queste barriere e fattori abilitanti, secondo gli autori, le pmi devono approntare altrettante strategie. Le pmi devono innanzitutto superare le complessità della catena di approvvigionamento e migliorare le capacità di previsione e sviluppare sistemi integrati che combinino manifattura, rigenerazione e riciclo. Devono investire nell’uso efficiente delle risorse, nella qualità del prodotto e in strutture adeguate per lo stoccaggio dei beni rigenerati.

 

In parallelo per le pmi è fondamentale rafforzare la collaborazione con gli stakeholder, inclusi enti pubblici e ong per promuovere e sostenere politiche che incentivino la sostenibilità, partecipare a dialoghi sui progetti di economia circolare e mettere l’accento sulla formazione alla sostenibilità a tutti i livelli organizzativi e affrontare più incisivamente le questioni burocratiche e la mancanza di linee guida chiare sulla sostenibilità e sull’economia circolare.

 

Un’altra area chiave è l’adozione di tecnologie pulite e digitali – cloud manufacturing e big data – necessarie per superare le limitazioni tecniche e operative e per integrare materiali ecocompatibili nei processi produttivi. Sfruttare i big data e il cloud manufacturing può consentire alle pmi di migliorare la condivisione dei dati e le operazioni produttive. Accanto a questo, le pmi devono intraprendere una vera trasformazione organizzativa, allineando cultura e leadership agli obiettivi di sostenibilità e sperimentando nuovi modelli di business.

 

Le pmi non dovrebbero dimenticare, inoltre, di promuovere il benessere dei dipendenti sul luogo di lavoro, che è stato dimostrato può motivarli verso l’adozione di comportamenti più circolari. Tuttavia, vi è carenza di competenze dei dipendenti nell’economia circolare e dunque saranno necessari anche investimenti delle aziende nella formazione per predisporre un ambiente di lavoro stimolante e in linea con le pratiche sostenibili.

 

La stessa necessità di formazione viene individuata dagli autori anche per quanto riguarda la gestione intelligente dei rifiuti. La strategia delle pmi sarebbe quella di promuovere iniziative di educazione e condivisione della conoscenza focalizzate sulla gestione intelligente dei rifiuti e sull’adesione alle normative ambientali, rispettare leggi e regolamenti ambientali, implementare un sistema di gestione ambientale, essere proattive nella dichiarazione delle sostanze da riciclare e adattarsi alle sfide poste dalla rapida urbanizzazione.

 

Tiziano Rugi

 

 

Photo: economiacircolare.com

 

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