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ISSUE 428

L'acqua “nascosta” nei nostri dispositivi: l'impronta idrica dell'elettronica

Scopri quanta acqua sia necessaria per produrre uno smartphone o un notebook e impara come possiamo abbassare l’impronta idrica "nascosta" di questi strumenti quotidiani

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L'acqua “nascosta” nei nostri dispositivi: l'impronta idrica dell'elettronica

Quando pensiamo al consumo di acqua, la nostra mente va subito a rubinetti, docce, o irrigazione. Raramente consideriamo la quantità di acqua necessaria per produrre lo smartphone che teniamo in mano o il notebook su cui lavoriamo. Eppure, anche l'industria elettronica risulta avere una considerevole impronta idrica virtuale, che rappresenta una sfida ambientale spesso sottovalutata.

 

L'impronta idrica virtuale si riferisce alla quantità totale di acqua dolce utilizzata per produrre un bene o un servizio lungo l'intera catena di approvvigionamento, dall'estrazione delle materie prime fino alla produzione finale. Scopriamo, nel caso dei dispositivi elettronici, a quanto corrisponde questo valore.

 

L’impronta idrica virtuale dei dispositivi elettronici

 

La produzione dei dispositivi elettronici risulta essere un processo idro-intensivo. Stime e studi sull'analisi del ciclo di vita* rivelano che per produrre un singolo smartphone, si stima che siano necessari in media tra i 12.000 e i 14.000 litri di acqua. Questa cifra copre l'estrazione di metalli rari, la lavorazione dei componenti e l'assemblaggio. Saliamo di dimensioni: la produzione di un notebook può richiedere fino a 190.000 litri di acqua.

 

Per dare un'idea della portata, mantenere uno smartphone per soli tre anni equivale a dire che quel dispositivo ha "bevuto" l'equivalente di circa 12 litri d'acqua al giorno solo per coprire l'acqua usata durante la sua fabbricazione.

 

Perché tutta quest'acqua?

 

Il massiccio consumo idrico non è dovuto all'elettronica in sé, ma al processo di fabbricazione e alla sua complessa catena di approvvigionamento:

 

  1. Estrazione delle materie prime: molti dispositivi contengono decine di elementi, tra cui metalli preziosi (come oro e palladio), metalli di base (come rame) ed elementi di terre rare. L'estrazione mineraria e i processi di raffinazione di questi materiali sono estremamente “assetati” d'acqua.

  2. Produzione di semiconduttori: la creazione dei microchip e dei circuiti integrati è la fase più idro-intensiva. Le fabbriche di semiconduttori (chiamate "fab") richiedono enormi quantità di acqua ultrapura per pulire le lastre di silicio e prevenire la contaminazione, un processo che spesso comporta l'utilizzo di milioni di litri d'acqua al giorno, paragonabile al consumo di una piccola città.

  3. Raffreddamento dei data center: Anche dopo la produzione, l'infrastruttura digitale continua a bere. I data center che alimentano il cloud, lo streaming e l'Intelligenza Artificiale (AI) consumano miliardi di litri d'acqua all'anno per raffreddare i server e prevenire il surriscaldamento. Ad esempio, un data center di medie dimensioni può consumare l'equivalente del fabbisogno annuale di acqua di centinaia o migliaia di famiglie.

  4. Impronta Idrica "Grigia": una parte significativa dell'impronta è la cosiddetta "acqua grigia", ovvero l'acqua dolce necessaria per diluire e depurare le acque reflue prodotte durante la produzione e renderle sicure per l'ambiente.

 

Cosa fare per abbassare l’impronta idrica elettronica

 

In un'epoca in cui la salvaguardia di risorse naturali, come l’acqua, risulta indispensabile per la tutela del Pianeta, la consapevolezza di questa impronta idrica "nascosta" è fondamentale. Fortunatamente, ci sono azioni concrete per mitigarla:

 

  • Allungare la vita dei dispositivi che utilizziamo: il modo più efficace per ridurre l'impatto idrico è prolungare la durata dei dispositivi. Usare uno smartphone per cinque anni anziché due può più che dimezzare il suo impatto idrico virtuale.

  • Scegliere il ricondizionato e l'usato: acquistare tecnologia ricondizionata o di seconda mano riduce la domanda di nuova produzione e, di conseguenza, la necessità di estrarre e lavorare nuove materie prime ad alta intensità idrica.

  • Supportare la riparabilità: Scegliere marchi che offrono programmi di riparazione o che progettano dispositivi facili da riparare (come quelli che aderiscono al "diritto alla riparazione") aiuta a mantenere i prodotti in circolo.

 

L'impronta idrica dei dispositivi elettronici è un promemoria che le nostre scelte digitali hanno un peso tangibile sulle risorse naturali del Pianeta. Essere consumatori consapevoli è il primo passo verso un futuro digitale più sostenibile.

 

Fonti: 

Report di Friends of the Earth 

 

Salvatore Galeone

 

 

Photo: jannoon028 - freepik

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