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ISSUE 428

L’Europa si presenta alla Cop30 con un accordo sul taglio alle emissioni al 2040

Il Consiglio Ue Ambiente stabilisce la riduzione del 90 per cento rispetto al 1990: un compromesso che almeno porta l’Europa unita alla Cop30.

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L’Europa si presenta alla Cop30 con un accordo sul taglio alle emissioni al 2040

In vista dell’apertura della Cop30 di Belém, porta brasiliana dell’Amazzonia, l’Unione europea compie un passo formale verso la neutralità climatica, anche se con un ritmo più cauto rispetto alle attese degli ambientalisti. Il Consiglio europeo dei ministri dell’Ambiente in settimana ha raggiunto un accordo politico per fissare un obiettivo vincolante di taglio delle emissioni nette del 90 per cento entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990: un traguardo che rafforza l’impegno europeo per il clima, ma che riflette anche le crescenti preoccupazioni economiche e sociali degli Stati membri. “Abbiamo adottato un obiettivo climatico di taglio delle emissioni del 90 per cento dentro il 2040, con ampio sostegno da parte degli Stati membri”, ha dichiarato Lars Aagaard, ministro danese per il clima, l’energia e i servizi pubblici. “L’obiettivo è radicato nella scienza e coniuga competitività e sicurezza. Dimostra che, anche in tempi difficili, l’Europa può restare unita”. Un messaggio di unità e pragmatismo che arriva alla vigilia della conferenza Onu sul clima nel cuore dell’Amazzonia, dove il tema delle disuguaglianze e della giustizia climatica sarà al centro del confronto globale.

 

Tra taglio delle emissioni e meno ambizione

 

L’accordo modifica la legge europea sul clima (Ecl), adottata nel 2021 per rendere giuridicamente vincolanti gli impegni dell’accordo di Parigi, stabiliti nel 2015. Dopo il taglio del 55 per cento al 2030, la Commissione aveva proposto un obiettivo intermedio al 2040 del taglio delle emissioni del 90 per cento, ora confermato dal Consiglio con alcune correzioni che rendono la transizione più “realistica” ma anche meno incisiva sul piano ambientale. Il testo introduce infatti un ampio margine di flessibilità per gli Stati membri:

 

  • possibilità di utilizzare fino al 5 per cento di crediti di carbonio internazionali, riducendo quindi la quota di tagli “interni” effettivi alle emissioni europee;

  • riconoscimento delle rimozioni di carbonio nel sistema ETS per compensare le emissioni residue;

  • maggiore libertà di manovra tra settori, per evitare squilibri economici nazionali.

 

Misure che, pur sostenendo la coesione tra paesi con economie e sistemi energetici differenti, rischiano di indebolire la coerenza ambientale dell’intero pacchetto e di rinviare parte degli sforzi oltre il 2040.

 

La transizione “giusta”, ma più lenta

 

L’obiettivo del Consiglio è costruire una transizione che viene definita “giusta” e socialmente equilibrata, che non lasci indietro i settori più vulnerabili e non comprometta la competitività industriale dell’Europa. Di fatto la priorità è rafforzare la sicurezza energetica, semplificare gli oneri per le imprese, e incentivare l’innovazione in modo tecnologicamente neutrale. Ma proprio questa impostazione “di equilibrio” segna anche una parziale ritirata dall’ambizione climatica che aveva caratterizzato il Green Deal europeo. La tutela dell’industria, l’incertezza legata ai costi energetici e la paura di una perdita di competitività hanno spinto molti governi a chiedere un approccio più prudente. In altre parole, la bussola resta la neutralità climatica al 2050, ma la rotta appare oggi meno diretta e più condizionata da fattori economici.

 

Tra le novità concrete dell’accordo, il rinvio di un anno dell’entrata in vigore del sistema ETS2 per edilizia e trasporti stradali, ora posticipato al 2028. Una misura presentata come tutela sociale, ma che secondo diversi analisti rischia di ritardare la riduzione delle emissioni nei settori più difficili da decarbonizzare. Il Consiglio ha introdotto anche una revisione biennale degli obiettivi, che consentirà alla Commissione di adeguare la strategia in base ai progressi scientifici, tecnologici e di mercato. Un elemento di flessibilità utile, ma che alcuni osservatori leggono come un potenziale indebolimento del vincolo politico, lasciando spazio a futuri aggiustamenti al ribasso.

 

L’Europa alla prova di Belém

 

Con questo compromesso, l’Ue si presenta alla Cop30 come un blocco ancora leader nella diplomazia climatica, ma non immune da esitazioni interne. L’accordo trovato in sede di Consiglio arriva infatti in un contesto in cui l’Europa sta cercando di bilanciare ambizione ecologica, sicurezza energetica e consenso politico interno — una triangolazione sempre più complessa. Alla conferenza di Belém, nel cuore della foresta amazzonica, l’Europa proverà a difendere la propria credibilità come modello di transizione sostenibile. Magari rispondendo a quei Paesi più vulnerabili che chiedono meno compensazioni, più tagli reali, e una politica climatica che non si fermi davanti ai costi economici del cambiamento.

 

Simone Santi

 

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