09/07/2021
Dopo la pessima esperienza del Sistri l’Italia, seguendo le indicazioni europee dal pacchetto sull’economia circolare, sta per avviare la sperimentazione di un nuovo sistema per la tracciabilità che riparte dalla collaborazione con le imprese. Ruolo fondamentale, oltre alla sperimentazione, lo avranno i decreti attuativi del ministero
C’era una volta il Sistri, miseramente abbandonato nel dicembre 2018 prima ancora di raggiungere la piena operatività. Oggi c’è il RENTRi, il nuovo Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti, che sta per partire in forma sperimentale.
Un sistema di tracciabilità non è solo utilissimo per la gestione dei flussi di scarti e potenziali materie prime, ma è anche parte essenziale del Pnrr, in cui leggiamo appunto che della strategia nazionale per l’economia circolare aggiornata ai nuovi obiettivi europei (e da approvare entro il 2022) “farà parte anche il nuovo sistema di tracciabilità che consentirà anche di supportare gli organi di controllo e le forze dell’ordine nella prevenzione e repressione”. Digitalizzare – “progressivamente”, precisa chi ha seguito l’iter – per tracciare i rifiuti e agevolare i controlli, senza appesantire troppo le imprese: sono questi gli obiettivi del sistema che dovrebbe partire entro il 2022.
Le basi normative: l’art. 188-bis del Testo unico ambientale e i decreti attuativi
Con il recepimento del pacchetto sull’economia circolare (D.Lgs. 116/2020, per quanto riguarda i rifiuti) si pongono le basi per la tracciabilità dei rifiuti, in particolare con le modifiche all’articolo 188-bis del Testo unico ambientale (D.Lgs. n. 152/2006).
Il Registro nazionale, stabilisce la norma, sarà gestito presso il MiTe e conterrà due categorie di dati: anagrafica degli iscritti (che raccoglie anche le autorizzazioni ambientali) e tracciabilità, coi dati dei Registri di carico e scarico, dei Formulari identificativi del rifiuto (Fir) e del Modello unico di dichiarazione dei rifiuti (Mud).
“Il RENTRI – leggiamo sul sito dedicato – introduce un modello di gestione digitale per l’assolvimento degli adempimenti quali l’emissione dei formulari di identificazione del trasporto, e la tenuta dei registri cronologici di carico e scarico”. Non è ancora deciso se tutte le imprese, o quali imprese, passeranno dalla carta al digitale o se alcune resteranno ai moduli stampati: “Quella che sta per partire è una vera sperimentazione, che coinvolge imprese grandi, medie e piccole. Poi sulla base dei risultati si valuterà come precedere, ma non è ancora deciso”, spiega Marco Conte, vice segretario generale di Unioncamere. “La vera questione – aggiunge – è cosa succederà se si deciderà che possono convivere sia imprese che operano col cartaceo che imprese che operano col digitale: quando un produttore è sul digitale e il trasportatore sul cartaceo, come ci si comporterà? Per ora non c’è ancora una decisione”.
Parte essenziale del processo operativo di tracciabilità viene demandata ai decreti attutivi in carico al MiTe. In particolare in questi decreti, oggi in fase di predisposizione, serviranno a disciplinare l’organizzazione e il funzionamento del sistema di tracciabilità; definiranno i modelli e i formati dei registri di carico e scarico digitali e del formulario di identificazione; chiariranno le modalità di compilazione e vidimazione di questi documenti; regoleranno le modalità di trasmissione dei dati e le informazioni relative ai percorsi dei mezzi di trasporto, le modalità per la condivisione con l’ISPRA e “le modalità per la verifica e l’invio della comunicazione dell’avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti”.
Stando agli obiettivi indicati dall’Italia col Pnrr e approvati dalla Commissione, il sistema dovrebbe essere operativo entro il 2022 (probabilmente anche in modalità parziale).
Si parte con la sperimentazione di un prototipo
Per evitare di replicare il papocchio del Sistri e arrivare senza intoppi alla realizzazione del sistema la legge ha previsto di avviare una sperimentazione preliminare. “La sperimentazione del RENTRI è in fase di avvio”, spiega infatti Ilde Gaudiello, dirigente ad interim della Divisione “Pianificazione, tracciabilità e vigilanza sulla gestione dei rifiuti” della Direzione generale per l’economia circolare del MiTe: “Il prototipo progettato dagli uffici ministeriali è in corso di allestimento sul portale dell’Albo nazionale dei gestori ambientali”.
Una scelta, quella della sperimentazione, che durante le fasi di consultazione è stata caldeggiata a gran voce dal mondo imprenditoriale. Il ministero, per raggiungere l’obiettivo, ha coinvolto l’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali e Unioncamere (in particolare Ecocerved, società consortile del sistema camerale nel campo dei sistemi informativi per l’ambiente) nella progettazione di un prototipo semplificato. Che permetterà alle imprese coinvolte di sperimentare le procedure operative e servirà “per verificare la funzionalità e la fruibilità di alcune delle funzioni del Registro elettronico nazionale e in particolare l’interoperabilità con i sistemi gestionali attualmente in uso alle aziende”.
Quante saranno le imprese coinvolte? “E stato definito un campione di circa 150 imprese per la partecipazione alla sperimentazione – ricorda ancora Gaudiello – segnalate da tutte le associazioni di categoria”.
Interoperabilità
Proprio l’interoperabilità (“il colloquio con i sistemi gestionali degli utenti”) è parola chiave: le imprese hanno già i loro sistemi per la gestione dei rifiuti, e il Registro nazionale dovrà essere progettato in modo da dialogare con questi software per non aggravare il lavoro con ulteriori costi e procedure. Perché l’obiettivo, spiega ancora il MiTe, è “ottimizzare e ridurre al minimo le attività manuali da parte delle imprese, perché saranno i sistemi informativi a comunicare le informazioni previste dalla legge”: massimo grado di digitalizzazione, insomma, anche se il tutto avverrà in modo progressivo, precisa Unioncamere. La sperimentazione, dice Conte, “servirà proprio a vedere come il sistema nazionale di tracciabilità e i sistemi gestionali delle imprese possano dialogare riducendo al minimo il carico di lavoro sulle imprese”.
Per la validazione sperimentale di questo prototipo è attivato un Laboratorio Sperimentale della prototipazione funzionale che, secondo la timeline prevista dal ministero, lavorerà fino a novembre di quest’anno: la sperimentazione entrerà nel vivo a breve, con la firma degli ultimi protocolli di adesione da parte delle associazioni datoriali.
“Discontinuità” apprezzata dalle imprese
La sperimentazione e la partenza dialogante delle istituzioni è apprezzata dalle imprese, scottate dal Sistri
Il RENTRi, secondo Cobat, è “un nuovo e importantissimo strumento informatico per coloro che producono, trasportano, smaltiscono e recuperano i rifiuti. Rappresenta un importante segnale di discontinuità rispetto a quanto accadde con il Sistri, il vecchio sistema di tracciabilità risalente ormai a due anni fa, che venne imposto – senza alcuna sperimentazione preliminare – non tenendo conto delle esigenze dei soggetti attori della gestione dei rifiuti e, per questo, non riuscì mai ad entrare completamente a regime”.
“Certamente l’approccio delle nuove disposizioni in materia di tracciabilità dei rifiuti dettate dal D.Lgs. 116/2020 fa tesoro di quanto emerso nella precedente fallita esperienza”, dichiara Elisabetta Perrotta, direttore FISE Assoambiente (associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti). “Il coinvolgimento dell’Unioncamere e dell’Albo gestori ambientali rappresenta un’importante garanzia per assicurare sinergia gestionale e adeguata interlocuzione tecnico operativa per la messa punto del RENTRI oltre a sinergie dello stesso con la piattaforma informatica dell’Albo”. Oggi, prosegue Perrotta, “attenzione va data alla fase di sperimentazione fortemente voluta dalle associazioni degli operatori, essenziale per testare l’attuazione informatica, anche dell’interfaccia, sugli aspetti amministrativi della gestione dei rifiuti (registri carico scarico e formulari), che dovrà essere attuata con semplicità operativa, ad iniziare dall’acquisizione delle credenziali di accesso dei soggetti interessati”.
Assoambiente sottolinea anche alcuni problemi. “Chiediamo che venga superata la previsione di invio dei dati con modalità sincrona (contestualità tra le operazioni sui rifiuti e la compilazione dei formulari digitali, ndr) – aggiunge Perrotta – e non siano contemplati criteri di gradualità per la progressiva partecipazione degli operatori che creerebbero duplicazioni operative per le aziende che sono soggette fin da subito all’obbligo di adesione al Registro”.
La Confederazione nazionale degli artigiani (CNA) “apprezza questa forma di discontinuità rispetto al passato mirata a definire, anche con le organizzazioni delle imprese, criteri e modalità operative del Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti, nonché la digitalizzazione di registri e formulari, necessari a mettere definitivamente in archivio la pessima esperienza del Sistri”. La nota della confederazione spiega poi che “in linea con le richieste della confederazione sono alcuni dei principi basilari della nuova tracciabilità, definiti dal Testo unico ambientale grazie alle modifiche introdotte dal Decreto legislativo 116/2020: la necessità che ‘colloqui’ con i sistemi gestionali degli utenti; la semplificazione amministrativa; il preliminare periodo di sperimentazione; la sostenibilità dei costi”.
I costi
Nonostante diverse associazioni di categoria mettano le mani avanti chiedendo che il costo del nuovo sistema di tracciabilità sia sostenibile per le imprese, Marco Conte spiega ancora che “ad oggi non c’è un’idea dei costi per le imprese, anzi, non c’è l’idea che questa sia una cosa che debba costare alle imprese. Nulla è ancora deciso. Certo per ora è che la parte sperimentale è finanziata interamente dalla mano pubblica”.
“Il Pnrr stanzia per la parte tracciabilità l’equivalente di 1,5 mld che dobbiamo usare bene e subito. Su questo mi impegno”, ha spiegato infatti il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, rispondendo alla Camera, il 23 giugno scorso, ad una interrogazione. “Tali risorse destinate a migliorare la gestione dei rifiuti – ha aggiunto – potranno contribuire a colmare il divario tra Regioni del Nord e quelle del Centrosud; oggi circa 1,3 mln di tonnellate di rifiuti vengono trattati fuori dalle Regioni di origine”.
Daniele Di Stefano
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