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05/02/2021

Indagine Onu-Oxford, italiani primi per consapevolezza ambientale

Pubblicato il più grande sondaggio di opinione sul climate change

 

L’Italia è il Paese al mondo con la maggior percentuale di cittadini consapevoli dell’emergenza climatica (81%, solo il Regno Unito sta allo stesso livello) e favorevoli a misure urgenti di contrasto (78%). Il programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) ha appena pubblicato il più grande sondaggio di opinione sui cambiamenti climatici, realizzato in collaborazione con l’Università di Oxford e intitolato “Peoples’ Climate Vote”. Sono state intervistate 1,2 milioni di persone di 50 Paesi e i risultati hanno un margine di errore ridotto, di appena il 2%.

 

Ne emerge un quadro interessante della percezione dell’emergenza nelle diverse aree del mondo e delle misure che in ogni area vengono considerate dai cittadini più importanti e attuabili. Il sondaggio è stato realizzato a pandemia già in corso, dando la misura di come la calamità sanitaria non abbia fatto passare in secondo piano quella ambientale: “Nel complesso, il 64% delle persone ha detto che i cambiamenti climatici sono un’emergenza, chiedendo in modo chiaro e convincente ai decisori politici di avere obiettivi più ambiziosi”, si legge nella ricerca.

 

L’indagine è stata svolta su un campione rappresentativo per genere ed età. I risultati italiani mostrano che il nostro Paese è anche al primo posto nel mondo, di nuovo insieme al Regno Unito, per livello di consapevolezza degli under 18: l’86% di loro considera i cambiamenti climatici un’emergenza, contro l’83% di Germania e Francia e il 79% della Svezia. Negli Stati Uniti il dato è al 75%, dietro Australia (82%), ma anche Filippine (79%) e il piccolo stato insulare caraibico di Trinidad e Tobago (77%).

 

In generale comunque, sono i giovani a guidare la presa di coscienza dell’emergenza climatica, favorita sicuramente anche da movimenti come i Fridays for Future: nel mondo la media degli under 18 consapevoli dell’emergenza è del 69%, contro il 58% degli over 60. A metà strada ci sono le altre fasce d’età. E anche rispetto al grado di informazione della popolazione ultrasessantenne l’Italia supera la media: pur non collocandola ai primi posti, l’indagine dell’Università di Oxford e delle Nazioni Unite rivela un tasso di consapevolezza del 70%. Il nostro Paese è anche tra i pochi in cui le differenze di genere non incidono sulla conoscenza del problema dei cambiamenti climatici.

 

Altro capitolo interessante è quello sulle politiche. Gli intervistatori hanno chiesto ai cittadini la loro opinione su 18 misure distribuite in sei aree tematiche: energia, economia, trasporti, agricoltura, protezione delle persone e natura. Quelle risultate più popolari sono la conservazione di foreste e paesaggio (54%), l’uso delle energie rinnovabili (53%), la diffusione di tecniche di coltivazione sostenibili dal punto di vista climatico (52%), investimenti maggiori in aziende e lavori verdi (50%). Le preferenze, tuttavia, si sono molto distribuite, segno che “c’è un desiderio diffuso di azione politica in risposta ai cambiamenti climatici”.

 

In Italia, in particolare, tra le misure più supportate dai cittadini ci sono gli investimenti nell’economia verde e in posti di lavoro (64%), la salvaguardia del mare e dei corsi d’acqua (59%), la riduzione dello spreco alimentare (55%). Anche qui le preferenze sono diffuse, ma solo l’1% degli intervistati non si dice a favore di nessuna politica. Il governo italiano ha previsto di destinare alla transizione ecologica circa 69 miliardi dei fondi Next Generation EU. Di questi, circa 6 miliardi sarebbero al momento per l’impresa verde e l’economia circolare, 18 miliardi per le energie rinnovabili e la mobilità sostenibile, una trentina per l’efficienza energetica, 15 miliardi per la tutela del territorio e delle risorse idriche. Da più parti si è reclamato però più impegno sul lato verde del Recovery plan italiano.

 

Legambiente ha chiesto che siano destinati 23 miliardi alla mobilità urbana sostenibile, per decarbonizzare gli spostamenti puntando su reti pedonali, ciclabili e ferroviarie. Wwf, insieme ad altre 13 associazioni tra cui Lipu e Marevivo, ha chiesto al governo di non dimenticare il ruolo di biodiversità ed ecosistemi per la tutela della natura e della salute umana (basti pensare all’origine della pandemia, connessa anche al degrado ecosistemico). Un invito a rendere più verde il Recovery plan è arrivato anche dal Circular Economy Network e dalle associazioni delle filiere di riciclo di carta, plastiche e metalli (Unirima, Assorimap, Assofermet), che hanno chiesto maggiori risorse per l’economia circolare.

 

Veronica Ulivieri