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La sostenibilità nel settore orafo è un tema da sempre dibattuto: è fondamentale ormai dimostrare con i fatti il proprio grado di sostenibilità, attraverso gli appositi certificati. Si tratta di un comparto che è un grande volano per l’Italia: nei primi 9 mesi del 2024 – secondo il report dell’area studi di Mediobanca su cui Confindustria-Federorafi ha fatto le elaborazioni congiunturali – il saldo commerciale del settore orafo-argentiero-gioielliero risulta pari a 9.420 milioni di euro, in aumento del +55,8% (ovvero 3.376 milioni in più) a confronto con il surplus archiviato nel corrispondente periodo del 2023. «Il settore è all’avanguardia – afferma Stefano De Pascale, direttore Confindustria-Federorafi -. Negli ultimi 15 anni è nata un’organizzazione internazionale, la Responsible Jewellery Council (Rjc), che raccoglie circa 3mila aziende a livello mondiale simbolo di sostenibilità. Di queste 3mila, la più alta percentuale arriva dall’Italia, circa un 15%. Parliamo numericamente di oltre 300 aziende, questo fa capire quanta attenzione c’è».
I certificati
Il settore ha due grandi poli nazionali, quello di Vicenza e quello di Arezzo. Il panorama aziendale è vario. Marco Bicego, fondatore e direttore creativo della Marco Bicego, con sede a Trissino (Vicenza), sottolinea che «dovrebbe essere una esigenza di tutti adeguarsi a livello di sostenibilità. Noi stiamo molto attenti su questo aspetto: controlliamo tutta la filiera interna, l’adeguamento dei macchinari, la gestione dei fornitori da cui acquistiamo le materie prime. Gli stessi fornitori devono avere certificati di sostenibilità». «Compriamo oro certificato dalla London Bullion Market Association», aggiunge Bicego.
L’economia circolare è uno dei valori cardine di Fabiani, con punti vendita sparsi in tutta Italia: «Per scelta noi compriamo oro solo da produttori italiani, i quali a loro volta hanno tutte le certificazioni di sostenibilità – ha commentato Alessandro Fabiani, presidente del Cda dell’azienda -. I nostri bacini sono principalmente dai distretti di Vicenza e Arezzo». Lo stesso input vale anche per altre tipologie di preziosi, come i brillanti: «Acquistiamo anche brillanti sfusi che poi assembliamo – ha aggiunto Fabiani -. La regola è la stessa: il prodotto di base deve essere sostenibile, rispettare certi standard. Su ogni acquisto noi facciamo dichiarare che il brillante in questione non proviene, ad esempio, da zone di guerra: altrimenti non portiamo a termine l’operazione. In questo caso attingiamo dal mercato italiano, per il 50%, e da quello belga, per l’altro 50%».
Impianti specializzati per il recupero
Tra le aziende che si occupano di costruire impianti di recupero figura Btt Impianti, azienda specializzata nella progettazione e costruzione di impianti di recupero e affinazione di materiali preziosi, strategici e terre rare. La sede principale è, manco a dirlo, nell’Aretino, a Marciano della Chiana: «Abbiamo fornito il primo impianto al mondo che oggi recupera metalli preziosi dalle schede elettroniche con un processo sostenibile, idrometallurgico – spiega Omar Antonio Cescut, amministratore delegato di Btt - . Si trova a Terranuova Bracciolini, in provincia di Arezzo ed è un impianto gestito da Iren».
La proprietà di Btt Impianti è Nord engineering Spa, con sede a Caraglio (Cuneo): è tra i più grandi produttori al mondo di sistemi di raccolta del rifiuto urbano. «Noi evitiamo qualsiasi tipo di estrazione, non scaviamo – aggiunge Cescut -. Scaliamo montagne di rifiuti. Non bruciamo ma smontiamo. Così costruiamo una catena di valore unica che parte dal cassonetto, da lì recuperiamo la scheda elettronica e da tale scheda iniziamo un processo di affinazione, arrivando al materiale prezioso».
Le altre tecnologie
Anche Ikoi, con sede a Tezze sul Brenta (Vicenza) è una di quelle aziende che studia processi innovativi e realizza macchine su brevetti proprietari, necessari per migliorare il lavoro (e la sostenibilità) nel settore dei preziosi. Fondata nel 2010, Ikoi, il cui presidente è Giovanni Faoro, ha all’interno persone con esperienza di 50 anni. «La nostra tecnologia più particolare ha come acronimo Als, ovvero Acid less separation – dice Faoro -. Con questa innovazione siamo in grado di separare l’argento e il rame dall’oro per via fisica e non chimica, con un processo di fusione e distillazione sottovuoto».
Nel dettaglio, per recuperare i metalli preziosi e “strategici”, ad esempio, da schede elettroniche provenienti da “urban mines” o da barre metalliche provenienti dalle miniere classiche, la raffinazione inizia con un processo molto impattante per separare i metalli più ostici: «Nel processo di raffinazione di oro, argento, palladio, platino, il materiale più complicato da gestire è proprio l’argento – osserva Faoro -. Spesso allora per separare l’argento dagli altri metalli si usa una chimica forte, con scarti molto inquinanti. Noi abbiamo risolto il problema: Als non inquina, in quanto è un processo fisico e non chimico, è 100% sostenibile».
Niccolò Gramigni
Photo: Zlaťáky.cz auf Unsplash
Rassegna del 04 Aprile, 2025 |
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