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ISSUE 414

Terre rare dai nostri cellulari: li vuole estrarre una ricercatrice italiana. Ecco come

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Terre rare dai nostri cellulari: li vuole estrarre una ricercatrice italiana. Ecco come

Grazie ai materiali ionogel, Martina Sanadar, che lavora per il dipartimento di Scienze dell’ingegneria energetica e ambientale dell’Università di Udine, si dedicherà anima e corpo a recuperare tutto quanto c’è di buono in una batteria esausta.

 

Grazie a una borsa di ricerca biennale di 242mila euro del programma europeo Marie Skłodowska-Curie, la ricercatrice chimica Martina Sanadar, che lavora per il dipartimento di Scienze dell’ingegneria energetica e ambientale dell’Università di Udine, si dedicherà anima e corpo a recuperare tutto quanto c’è di buono in una batteria esausta.

 

Che provenga da un cellulare o da un’auto poco importa: lei andrà al sodo per estrarre dagli oggetti terre rare e minerali strategici da restituire all’industria tecnologica rinnovabile che fa capo ai temi di energia, trasporti, telecomunicazioni, informatica ed elettronica.

 

Il progetto di Martina Sanadar, che vede la supervisione di Andrea Melchior, docente di fondamenti chimici delle tecnologie, applica un approccio originale per un recupero efficace e selettivo di terre rare, utilizzando materiali innovativi chiamati ionogel.

 

Si tratta di un materiale gelificato che combina alcune proprietà peculiari dei cosiddetti liquidi ionici – alta selettività per i metalli, stabilità termica, bassa volatilità – con i vantaggi di un materiale solido che può essere più facilmente rigenerato e riutilizzato.

 

Questo permetterebbe di migliorare il riciclo di prodotti elettrici ed elettronici riducendo la dipendenza europea dalle importazioni. Inoltre, consentirebbe di limitare l’accumulo di batterie nelle discariche dove potrebbero rilasciare sostanze tossiche e metalli pesanti, che andrebbero a inquinare suolo e falde acquifere.

 

Per saperne di più l’abbiamo incontrata e questa nuova puntata di Pink&Green è proprio dedicata a lei e a come si può alleviare il peso geopolitico e ambientale in tema di terre rare o materiali strategici.

 

La borsa di ricerca di Martina Sanadar appartiene alla categoria Global fellowship e prevede uno o due anni di ricerca in un Paese extraeuropeo e uno nell’università sede principale, in questo caso l’ateneo friulano.

 

Si tratta di borse altamente competitive, quest’anno ne sono state finanziate il 16,3%, 1.696 su 10.360 domande. La ricerca vede come primo anno del progetto la ricerca e lo sviluppo presso il Laboratorio federale svizzero per la scienza e la tecnologia dei materiali (Empa), il secondo all’Università di Udine.

 

M.Cristina Ceresa

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