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ISSUE 424

Analisi del Ciclo di Vita per una transizione energetica sostenibile

rinnovabili.it

Analisi del Ciclo di Vita per una transizione energetica sostenibile

Per valutare appieno i benefici della transizione energetica nazionale è necessario andare oltre il semplice dato della riduzione delle emissioni di carbonio, adottando un approccio olistico, che consideri l'intero ciclo di vita delle tecnologie. A mostrare la via è RSE, in una nuova monografia dedicata frutto di oltre 20 anni di esperienza sulla LCA dei sistemi elettrici.

 

La transizione energetica che l’Italia ha abbracciato ha un obiettivo ben preciso: ridurre le emissioni climalteranti contribuendo alla lotta climatica globale e traghettando il paese verso un futuro più sostenibile. Tuttavia, la sostenibilità di questo percorso non può essere determinata solo dalle emissioni di carbonio rilasciate direttamente dagli impianti. Come in ogni sistema complesso è necessario prendere in considerazione l’insieme di tutti i processi per valutarne l’impatto ambientale e climatico nella sua completezza. 

 

Un compito sfidante in cui si è cimentato uno dei principali attori della ricerca nazionale di sistema. Parliamo di RSE che nella sua ultima monografia ha fornito un approfondimento degli effetti della transizione energetica usando l’analisi del ciclo di vita (LCA).

 

Perché proprio l’LCA? Perché si tratta di una metodologia quantitativa, strutturata e standardizzata, in grado di offrire una visione completa degli impatti ambientali di prodotti, processi o servizi lungo l’intero ciclo di vita. Dall’estrazione delle materie prime allo smaltimento finale dei rifiuti. O come si direbbe in gergo “dalla culla alla tomba”.

 

L’analisi del ciclo di vita offre un approccio olistico ad un tema complesso e permette di ottenere preziose indicazioni per le scelte energetiche nazionali.

 

“La transizione energetica rappresenta un processo indispensabile per il futuro del nostro pianeta e dell’umanità. Nonostante i numerosi dubbi sollevati riguardo alla sua fattibilità economica e alla reale sostenibilità, è fondamentale comprendere che i benefici superano di gran lunga gli svantaggi. Alcuni critici sostengono che la produzione di auto elettriche e pannelli fotovoltaici comporti impatti ambientali superiori ai loro vantaggi. Tuttavia, l’analisi scientifica condotta da RSE, utilizzando il metodo della Life Cycle Assessment, dimostra chiaramente che tutte le principali tecnologie che abilitano la transizione energetica hanno, nel corso della loro intera vita, un effetto positivo su molteplici impatti ambientali, andando ben oltre i soli cambiamenti climatici”, ha dichiarato Pierpaolo Girardi, Responsabile Gruppo di Ricerca “Analisi ciclo di vita” del Dipartimento Sviluppo Sostenibile e Fonti Energetiche di RSE.

 

Nel dettaglio la monografia, dal titolo “Life Cycle Assessment di un sistema energetico in transizione”, sintetizza gli studi e le esperienze dei ricercatori RSE nell’ambito dei progetti Scenari Energetici, Mobilità Sostenibile e Tecnologie di accumulo. L’obiettivo? Offrire un quadro d’insieme sui benefici e le criticità del cambiamento in atto.

 

 

Photo: rinnovabili.it

 

LCA dello scenario elettrico 2030

 

Nel percorso di transizione energetica il comparto elettrico nazionale ha un ruolo di primo piano, sia per gli obiettivi dedicati alle rinnovabili sia per la progressiva elettrificazione dei consumi. Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) consegnato dall’Italia nel 2024 fissa per il 2030 una quota di consumi elettrici coperta da rinnovabili pari al 63,4% (circa 237 TWh) del totale. Per non mancare l’obiettivo il Belpaese dovrà poter contare su una capacità “green” in esercizio di 131 GW per la stessa data.

 

L’analisi LCA svolta da RSE ha ricostruito nel dettaglio la produzione per fonte e tecnologia. Rivelando che l’obiettivo 2030 del PNIEC porterà a una riduzione del 55% delle emissioni climalteranti su tutto il ciclo di vita del kWh elettrico consumato in Italia rispetto al 2021; riduzione trainata ovviamente dalla sostituzione delle fonti fossili.

 

I benefici ottenibili non si limitano però al dato sulla CO2 evitata. La modellazione LCA del mix elettrico italiano mostra buoni risultati in quasi tutte le categorie d’impatto ambientale analizzate: riduzione dello strato di ozono, radiazioni ionizzanti, formazione di ozono fotochimico, particolato, acidificazione, eutrofizzazione delle acque e del suolo; consumo di risorse fossili. Per tutte queste categorie, si osserva infatti una riduzione degli impatti di oltre il 50%, avvicinandosi in alcuni casi al 75%. L’unico tra gli impatti valutati dall’analisi LCA ad aumentare è il consumo di risorse minerarie e metalliche.

 

Nel dettaglio l’analisi prevede che tale consumo sia destinato a più che raddoppiare (+127%) entro il 2030 rispetto al 2021. Questo rappresenta il principale “trade-off” della transizione energetica ed è legato principalmente al segmento fotovoltaico e al consumo di metalli come l’oro, l’argento e il rame. 

 

Per rendere sempre più sostenibile il processo di transizione emerge quindi la necessità di affiancare alle politiche di decarbonizzazione quelle di promozione della circolarità. Si tratta in effetti di un processo già in atto sia a livello Europeo che nazionale. Anche questi processi vanno affiancati tuttavia dalla ricerca scientifica che deve individuare indicatori e metodologie adatte a valutare e monitorare questa tipologia di impatti.

 

LCA dei trasporti

 

Anche le emissioni del settore dei trasporti rappresentano una sfida crescente per gli obiettivi di decarbonizzazione nazionali. In questo contesto, ricordiamo, il PNIEC riporta un obiettivo del 34,2% di rinnovabili nei consumi energetici complessivi del segmento, percentuale in cui rientra anche il contributo della mobilità elettrica. L’elettrificazione dei veicoli rappresenta infatti una soluzione chiave per la transizione, ma anche in questo caso richiede un’analisi olistica che permetta di andare oltre alle sole emissioni di CO2 eq. evitate durante l’uso dei veicoli stessi. I ricercatori di RSE hanno pertanto valutato  gli impatti lungo l’intero ciclo di vita dei veicoli (dall’estrazione dei materiali allo smaltimento dei mezzi), considerando nell’analisi anche l’evoluzione del mix elettrico italiano.

 

Nel dettaglio la monografia presenta i risultati LCA per due casi di mobilità urbana: 

 

  • il trasporto passeggeri a bordo di automobili, autobus e mezzi di micromobilità (e-scooter e bici elettriche);

  • la logistica dell’ultimo miglio – un settore in continua espansione – per la consegna delle merci attraverso van e cargobike a pedalata assistita.

 

L’analisi del ciclo di vita ha mostrato che monopattini, e-bike, cargobike e autobus elettrici rappresentano le soluzioni più efficaci per la decarbonizzazione e il miglioramento della qualità della vita urbana. Vantando benefici su quasi tutti gli indicatori ambientali, emissioni di CO2 eq. in primis. Un esempio su tutti: lo spostamento modale da auto privata diesel a bus elettrico ridurrebbe dell’84% le emissioni climalteranti. 

 

Ovviamente tra le quattro ruote, i veicoli elettrici e ibridi plug-in sono la soluzione migliore per la riduzione dei gas serra, ma il consumo di risorse minerali e metalliche anche in questo caso rappresenta un “trade-off” significativo. 

 

La ragione risiede soprattutto della fase di produzione di mezzo e batterie, il cui contributo risulta essere nettamente superiore a quello di un mezzo diesel o a benzina. Basti pensare che il valore raggiunto dai van elettrici sul consumo di risorse metalliche è addirittura il 400% circa di quello di un van diesel.

 

RSE ha anche calcolato i costi legati agli impatti su ambiente e salute (le esternalità ambientali) delle diverse motorizzazioni di veicoli, sia per il trasporto di persone che per la logistica urbana, in un contesto di guida urbana.  In questo senso se i mezzi per la micromobilità hanno gli impatti inferiori, tra le auto la motorizzazione elettrica è emersa come la soluzione più vantaggiosa in termini di costi esterni ambientali ed economici considerando il suo intero ciclo di vita, rispetto a quelle con motore endotermico.

 

LCA dei sistemi di accumulo

 

I sistemi d’accumulo sono essenziali per la transizione energetica. Non sono essenziali solo nel settore trasporti  ma, con la crescita prevista di fonti rinnovabili non programmabili come eolico e fotovoltaico, avranno un ruolo sempre più centrale per regalare affidabilità e flessibilità al sistema elettrico. Nell’ambito dei sistemi di accumulo elettrochimico (le batterie) la tecnologia più diffusa e facilmente implementabile è quella delle batterie agli ioni di litio, la cui sostenibilità ambientale ed economica nel processo di decarbonizzazione nazionale è, per alcuni versi, ancora un’incognita.

 

Anche in questo caso l’approccio del Life Cycle Assessment fornisce lo strumento d’analisi più adatto. RSE ha condotto uno studio LCA su diverse tipologie di batterie a ioni di litio (LFP, NMC 532, NMC 622) utilizzando dati primari forniti da un produttore italiano, ed uno studio comparativo con le batterie agli ioni di sodio. Ancora una volta è stato adottato un approccio olistico, valutando in entrambi i casi gli impatti sul cambiamento climatico, l’acidificazione, l’eutrofizzazione di acque e suolo e l’esaurimento delle risorse minerali, fossili e rinnovabili.

 

I risultati? Il fabbisogno energetico richiesto dalla produzione delle celle è la voce che pesa di più sull’impatto climatico. Con il mix elettrico italiano – caratterizzato da una buona quota di rinnovabili – le batterie a ioni di litio vantano emissioni intorno ai 110 g CO2eq per kWh di capacità. In ogni caso il bilancio tra la CO2 emessa per realizzare le batterie e quella evitata grazie alla possibilità da loro offerta di una migliore e maggiore integrazione delle fonti rinnovabili non programmabili nel sistema elettrico italiano è già positivo e può essere ulteriormente ridotto tramite il riciclo.

 

Da sottolineare come oggi l’accumulo elettrochimico “Made in Italy” contribuirebbe meno al cambiamento climatico rispetto alle batterie realizzate in Cina, dove il mix elettrico utilizzato per la produzione è nettamente “più fossile”. 

 

Ad oggi, la produzione italiana si è inoltre orientata verso processi più efficienti rispetto alla media del mercato, come, per esempio, l’uso di leganti e solventi a base d’acqua.

 

Il lato dolente, anche in questo caso, è l’impatto sul consumo di risorse minerarie e metalliche e più precisamente di materie prime critiche. Una soluzione in futuro potrebbe arrivare proprio dalle batterie a ioni sodio. Ben inteso oggi le ricaricabili al sodio non sono ancora all’altezza di quelle a ioni litio sul fronte delle prestazioni. La causa? Principalmente una densità energetica più bassa che si traduce in pacchi batteria più grandi e pesanti e impatti ambientali maggiori a parità di capacità.

 

Puntando i riflettori sul costo delle principali materie prime e dell’energia, l’analisi mostra per le batterie litio un costo pari al 13% delle corrispondenti batterie litio per kWh. Tuttavia, focalizzandoci unicamente sui materiali critici le prime mostrano un consumo nettamente ridotto, dato importante per ridurre la dipendenza italiana ed europea da materiali con alto rischio geopolitico.

 

rinnovabili.it in collaborazione con RSE

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