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Riciclo Poliolefine: nuovi catalizzatori per rivoluzionare il settore
Nuovi passi avanti nel riciclo delle poliolefine, una delle famiglie plastiche più utilizzate (e prodotte) al mondo. Un gruppo di ricercatori negli Stati Uniti ha individuato un nuovo catalizzatore altamente selettivo per questi polimeri che potrebbe facilitare, se non addirittura evitare, tutta l’attività di smistamento dei rifiuti di plastica mista.
“Uno dei maggiori ostacoli al riciclo della plastica è sempre stata la necessità di separare meticolosamente i rifiuti di plastica per tipologia”, ha affermato Tobin Marks della Northwestern University, autore senior dello studio. “Il nostro nuovo catalizzatore potrebbe bypassare questo passaggio costoso e laborioso per le comuni plastiche poliolefiniche, rendendo il riciclo delle poliolefine più efficiente, pratico ed economicamente sostenibile rispetto alle strategie attuali”.
Cosa sono le poliolefine
Questa famiglia di plastiche comprende polietilene a bassa densità (LDPE), polietilene ad alta densità (HDPE) e polipropilene (PP), polimeri perlopiù di origine fossile i cui molteplici legami carbonio-carbonio conferiscono loro un’elevata inerzia chimica e stabilità.
Il loro riciclo su scala industriale è ancora in gran parte legato a trattamenti meccanici. I rifiuti vengono prima sminuzzati in scaglie, poi fusi e sottoposti a downcycling per formare pellet di plastica di bassa qualità. Questa via presenta anche un altro inconveniente: le diverse plastiche hanno proprietà e punti di fusione differenti, e gli operatori devono necessariamente smistare scrupolosamente i rifiuti prima del trattamento vero e proprio.
Un’alternativa? La depolimerizzazione termica che consente di rompere i legami C-C producendo miscele di gas e liquidi. Tuttavia, il processo richiede temperature superiori a 400 °C, pressioni elevate o catalizzatori costosi. Inoltre, questo approccio risulta scarsamente selettivo e costoso.
Riciclo Chimico, la via più promettente per le poliolefine
In questo contesto, il riciclaggio chimico si sta imponendo come la via più promettente, seppure la più immatura da un punto di vista industriale. L’approccio prevede la trasformazione dei rifiuti di plastica post-consumo in precursori di piccole molecole ad alta purezza, utili per la successiva ripolimerizzazione. La ricerca si concentra per lo più sulla sintesi di catalizzatori e processi catalitici in grado di facilitare la rottura dei legami carbonio-carbonio.
È esattamente a questo livello che si inserisce il lavoro della Northwestern University. Marks e il suo gruppo di scienziati si sono rivolti all’idrogenolisi, un processo che utilizza idrogeno gassoso e un catalizzatore per scomporre i polimeri delle poliolefiniche in monomeri più piccoli e utili. Sebbene esistano già approcci all’idrogenolisi, in genere richiedono temperature estremamente elevate e costosi catalizzatori realizzati con metalli nobili come platino e palladio.
Un nuovo catalizzatore a base di nichel
Il team della Northwestern University ha sintetizzato un catalizzatore molecolare a sito singolo, impiegando più economico nichel cationico. Il design a sito singolo consente al catalizzatore di agire come un bisturi altamente specializzato, tagliando preferibilmente i legami carbonio-carbonio, piuttosto che come uno strumento che scompone indiscriminatamente l’intera struttura della plastica.
Di conseguenza, il catalizzatore consente la scomposizione selettiva delle poliolefine ramificate (come il polipropilene isotattico) quando vengono miscelate con poliolefine non ramificate, separandole efficacemente chimicamente. “Rispetto ad altri catalizzatori a base di nichel, il nostro processo utilizza un catalizzatore a sito singolo che opera a una temperatura inferiore di 100 gradi e a metà della pressione dell’idrogeno gassoso”, ha affermato Kratish. “Utilizziamo anche un carico di catalizzatore 10 volte inferiore e la nostra attività è 10 volte maggiore. Quindi, stiamo vincendo in tutte le categorie”.
Photo: rinovabili.it
Rassegna del 12 Settembre, 2025 |
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