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La percentuale stimata relativa all’Italia è tre volte quella mondiale (4%) ed emerge da uno studio realizzato da Teha e A2A, che sottolineano però le opportunità offerte dal settore: recuperando il calore generato dagli hub digitali è possibile fornire energia termica a oltre 800mila famiglie grazie alle reti di teleriscaldamento, evitando 2 milioni di tonnellate di CO2, pari a oltre il 5% delle emissioni degli attuali consumi residenziali.
Crescente utilizzo di servizi cloud, massiccia diffusione delle applicazioni legate all’intelligenza artificiale, tecnologie centrate sull’Internet of things che prendono sempre più piede: la domanda di dati e di potenza di calcolo è in rapida accelerazione e i data center si stanno dimostrando infrastrutture sempre più strategiche per la competitività e anche per ...
La percentuale stimata relativa all’Italia è tre volte quella mondiale (4%) ed emerge da uno studio realizzato da Teha e A2A, che sottolineano però le opportunità offerte dal settore: recuperando il calore generato dagli hub digitali è possibile fornire energia termica a oltre 800mila famiglie grazie alle reti di teleriscaldamento, evitando 2 milioni di tonnellate di CO2, pari a oltre il 5% delle emissioni degli attuali consumi residenziali.
la sicurezza del Paese. Il rovescio della medaglia è che il loro sviluppo richiede un cambio di paradigma, se non vogliamo che anziché un elemento di progresso diventino un ulteriore problema per quel che riguarda la lotta al cambiamento climatico. I data center sono infatti altamente energivori: nel 2035 potrebbero raggiungere il 4% dei consumi elettrici globali, il 13% in Italia. Ma una soluzione già sarebbe a portata di mano: da consumatori di energia devono diventare protagonisti di un nuovo modello industriale, contribuendo a decarbonizzare le città, favorendo la riduzione del 5% delle emissioni del settore residenziale, dare ulteriore impulso alle rinnovabili, attraverso contratti a lungo termine, accelerare il recupero di aree dismesse.
Su questa complessa questione è stato realizzato uno studio da TEHA Group in collaborazione con A2A, ora presentato nell’ambito della 51ma edizione del Forum di Cernobbio. Il titolo è “L’Italia dei data center. Energia, efficienza, sostenibilità per la transizione digitale” e nelle oltre 70 pagine ricche di dati viene evidenziato come i data center potrebbero contribuire anche dal punto di vista di una giusta transizione energetica. Spiega il presidente di A2A, Roberto Tasca, illustrando senso e finalità di questo studio: «I data center stanno diventando infrastrutture strategiche fondamentali, pilastri della nuova società digitale indispensabili per garantire i nostri gesti quotidiani. Se accompagnati da una visione chiara e una responsabilità comune, possono diventare motori di sviluppo economico e contribuire alla sostenibilità. Nel 2024 sono stati censiti oltre 10 mila data center a livello mondiale, di cui più di 2.200 in Europa e 168 in Italia, con Milano e la Lombardia che si posizionano tra le aree emergenti a livello europeo. Oggi oltre la metà delle richieste di connessione alla rete elettrica nazionale risulta concentrata in questa regione». Sottolinea che «governare con lungimiranza questa transizione significa rendere le città più green e garantire che la digitalizzazione diventi una risorsa condivisa e non un’ipoteca sul futuro delle nuove generazioni».
Per la precisione, nel mondo si contano 10.332 data center, e l’Italia si posiziona al 13° posto con 168 strutture con una potenza installata di 513 MW: di queste, a Milano c’è il 46% (238 MW) della potenza nazionale, facendo del capoluogo lombardo un centro già davanti a città come Madrid e Zurigo.
Le previsioni indicano che la domanda energetica degli hub digitali crescerà significativamente: a livello globale si prevede che i consumi quadruplicheranno entro il 2035, passando dai 371 TWh del 2024 a quasi 1.600 TWh, raggiungendo il 4% dei consumi elettrici (vs. 1% nel 2024).
In Italia, si stima che la potenza installata di data center potrebbe raggiungere i 2,3 GW in uno scenario tendenziale e i 4,6 GW in una prospettiva full potential (vs. 513 MW nel 2024) e i loro consumi elettrici oscillare tra il 7% il 13% del totale nazionale.
Lo sviluppo di queste infrastrutture, si legge nel report presentato a Cernobbio, ha anche un impatto economico rilevante. Nel 2024, la Data economy italiana vale 60,6 miliardi di euro, pari al 2,8% del PIL, e rappresenta uno dei principali driver della nostra crescita. Se l’Italia riuscisse a raggiungere i best performer tra i Paesi europei, come Estonia, Finlandia e Paesi Bassi, questo valore potrebbe salire a 207 miliardi di euro entro il 2030. Inoltre, si prevede che lo sviluppo del settore possa contribuire alla crescita annuale del PIL: la stima va dal 6% nello scenario tendenziale al 15% in quello di pieno sviluppo, con l’abilitazione rispettivamente di 77mila e 150mila posti di lavoro diretti, indiretti e indotti.
Spiega Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2A che i numeri individuati dal report indicano che lo sviluppo dei data center in Italia potrebbe contribuire alla crescita del Pil nazionale al 2035 del 6% - con la creazione di 77 mila posti di lavoro - fino ad arrivare, in uno scenario full potential, al 15% con 150 mila nuovi occupati: «Si tratta di un’occasione unica per un Paese che vuole rafforzare la propria competitività digitale ed economica. Queste infrastrutture impatteranno considerevolmente sulla richiesta di energia ma, grazie alle nuove centrali termoelettriche a ciclo combinato di ultima generazione realizzate per garantire stabilità alla rete e alla forte crescita delle rinnovabili, il mix energetico italiano è già oggi in grado di sostenere la produzione necessaria. La vera svolta è però che questi hub digitali, se ben integrati, possono anche dare un valido contributo alla decarbonizzazione delle città: recuperando il calore generato è possibile fornire energia termica a oltre 800mila famiglie grazie alle reti di teleriscaldamento, come già facciamo a Brescia e come presto faremo a Milano».
Secondo quanto emerge dallo studio presentato a Cernobbio, sono quattro le leve strategiche di efficienza individuate per garantire uno sviluppo sostenibile dei data center: recupero di calore, utilizzo di aree brownfield, Ppa per rinnovabili e valorizzazione dei Raee. In uno scenario di pieno sviluppo una loro applicazione integrata consentirebbe un risparmio complessivo di 5,7 milioni di tonnellate di CO2 l’anno con un beneficio economico stimato di circa 1,7 miliardi di euro.
Guardando nel dettaglio un aspetto accennato da Mazzoncini, il report segnala che il solo recupero del calore di scarto dei data center potrebbe alimentare le reti del teleriscaldamento coprendo il fabbisogno termico di circa 800.000 famiglie, evitando l’emissione di 2 milioni di tonnellate di CO2, pari a oltre il 5% delle emissioni degli attuali consumi residenziali, il che garantirebbe un contributo concreto alla decarbonizzazione del settore.
Photo: greenreport.it
Rassegna del 12 Settembre, 2025 |
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