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economiacircolare.com
Professore di tecnologia industriale al Politecnico di Milano, Sergio Terzi spiega il nuovo concetto di fabbrica. Che dovrà essere non solo energeticamente neutrale e a ciclo chiuso ma anche orientata alla natura e incentrata sulla persona. "Per una transizione giusta i giovani non possono restare indietro".
Innovare significa trasformare i prodotti, renderli più sostenibili e circolari. Ma significa anche rinnovare profondamente il modo in cui questi prodotti vengono realizzati: i processi e il modo di produrre. Aiutare il Made in Italy in questo percorso è l’obiettivo dello Spoke 5 della Fondazione MICS (Made in Italy Circolare e Sostenibile), dedicato a fabbriche e processi a ciclo chiuso, sostenibili e inclusivi. Un nuovo concetto di fabbrica, come ha spiegato a EconomiaCircolare.com Sergio Terzi, referente per MICS per lo Spoke 5 e professore ordinario di tecnologia industriale al Politecnico di Milano, a margine del Made in Italy Innovation Forum, organizzato a Cernobbio dal 23 al 25 giugno e promosso dalla stessa Fondazione MICS.
Del resto l’Italia è un Paese ricco di fabbriche e stabilimenti, integrati nel tessuto urbano. Adesso questo tessuto produttivo è chiamato a fare un salto di qualità e diventare circolare e sostenibile. “Molte aziende industriali hanno già iniziato ad affrontare la trasformazione verso la sostenibilità, ammodernando i propri impianti produttivi. Abbiamo fabbriche avanzate, automatizzate, e possiamo dire anche verdi. Oggi non accettiamo più che una fabbrica, un sistema industriale, inquini”, è la premessa di Terzi. Però non siamo ancora alla fine del percorso, per arrivare alla fabbrica del futuro, che è completamente circolare e sostenibile.
Sergio Terzi: quali sono gli elementi portanti delle fabbriche del futuro
Come è strutturata, dunque, questa nuova fabbrica del futuro? “Io vedo due elementi fondamentali. Il primo riguarda il consumo energetico, che deve basarsi su energie pulite” spiega Terzi.. “In Italia la bolletta energetica pesa molto sia sulle famiglie che sulle aziende. Negli ultimi due-tre anni l’Italia ha iniziato un ammodernamento energetico, anche verso fonti rinnovabili, ma con tassi di crescita ancora inferiori rispetto, per esempio, alla Germania. È un aspetto su cui abbiamo lavorato nello Spoke per affrontare il tema dell’efficientamento energetico e dell’uso di fonti rinnovabili applicabili in contesti produttivi fortemente energivori”, precisa il professore.
C’è poi un secondo ambito di lavoro, che riguarda l’utilizzo delle risorse produttive. “Ogni giorno nelle aziende ci sono scarti, sfridi, materiali che non rispettano gli standard e vengono scartati. Usare meglio le risorse ed evitare sprechi può portare a un aumento della produttività globale. Qui la tecnologia può aiutarci molto”, sostiene il professore del PoliMi. I margini di recupero sono ancora ampi, anche grazie alla tecnologia e all’intelligenza artificiale che consente di ottimizzare i materiali. “Gli scarti veri e propri talvolta sono legati a una cattiva previsione della domanda e questo è un altro tema su cui le fabbriche devono lavorare”, sostiene Sergio Terzi. Insomma, conclude: “Una fabbrica circolare e sostenibile è dunque una fabbrica che non inquina, che utilizza le migliori tecnologie energetiche, che non spreca, sotto ogni punto di vista, ed è anche un buon vicino per la città che la ospita”.
Una giusta transizione delle fabbriche
Nel concetto di fabbrica circolare, inoltre, a essere al centro dovrebbe essere il lavoratore, che partecipa materialmente alla transizione ecologica. “L’Italia è da sempre stata una nazione di ‘città-fabbrica’ – sostiene Sergio Terzi – in cui c’era un forte collegamento tra tessuto produttivo e città, operai e welfare aziendale, e il lavoro ha sempre avuto una valenza sociale. Oggi, invece, il modello è in crisi e ci sono città che si sentono quasi disarcionate dalla transizione ecologica, rischiano di subirla”. Solo recuperando il collegamento tra tessuto produttivo e lavoratori è, invece, possibile avere una giusta transizione.
Del resto, “se guardiamo agli SDG, gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, accanto al consumo responsabile troviamo tra gli obiettivi da raggiungere anche il work-life balance e il lavoro giusto”. E qui, c’è “un’ultima sfida enorme, che non tutti vogliono cogliere”, sostiene il professore del PoliMi, quella tecnologica, che a sua volta si accompagna alla questione dei green jobs. “La tecnologia non si può fermare, ma richiede formazione, training, una spinta all’adattamento e la volontà di non lasciare indietro nessuno”, premette Terzi.
“In Italia, però – è la conclusione del professore – viviamo in una situazione paradossale in cui abbiamo uno dei tassi di Neet, giovani che non studiano e non lavorano, più alti in Europa, e allo stesso tempo circa 300.000 posizioni vacanti, soprattutto in green e digital jobs”. Il problema è che “questa discrepanza tra domanda e offerta di lavoro ancora non trova soluzione. Perché la transizione sia giusta, però, non potranno certo essere i giovani a essere lasciati indietro”.
Tiziano Rugi
Photo: economiacircolare.com
Rassegna del 12 Settembre, 2025 |
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