La Newsletter di ESO
ISSUE 427

Microplastiche, sfida globale tra nuove tecnologie, regolamenti e ricerca scientifica

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Microplastiche, sfida globale tra nuove tecnologie, regolamenti e ricerca scientifica

Un’emergenza ambientale sempre più complessa richiede risposte integrate: ricerca, regolamentazione e innovazione tecnologica si uniscono per arginare l’inquinamento da microplastiche.

 

Le microplastiche – particelle di plastica con diametro inferiore ai 5 millimetri – rappresentano una delle minacce ambientali più insidiose del XXI secolo.

 

Invisibili ma pervasive, si accumulano negli oceani, nei suoli e perfino nel corpo umano, diventando un problema sistemico che intreccia ambiente, salute e produzione industriale.

 

IdTechEx, società indipendente di consulenza, nel report Microplastics 2025: Regulations, Technologies, and Alternatives fotografa un panorama globale in rapido mutamento, dove scienza e innovazione provano a rispondere all’urgenza di contenere un inquinante ormai ubiquo.

 

Microplastiche: un quadro regolatorio in evoluzione

 

L’Unione europea guida l’azione normativa più avanzata a livello mondiale, con restrizioni sempre più mirate sulle microplastiche aggiunte intenzionalmente a prodotti cosmetici, fertilizzanti o vernici.

 

La regolamentazione, tuttavia, si sta estendendo anche ad altri segmenti della filiera: dalla dispersione dei pellet plastici alla perdita di particelle generate da pneumatici e freni, fino al monitoraggio della qualità dell’acqua potabile.

 

A livello globale, anche il negoziato per un Trattato internazionale sulla plastica – ancora in fase di stallo – mostra quanto sia complesso conciliare gli interessi industriali con la tutela degli ecosistemi.

 

Innovazioni tecnologiche per il filtraggio e la cattura

 

Le soluzioni tecnologiche si concentrano su tre ambiti principali: processi fisici, chimici e biologici. I sistemi di filtrazione fisica, come i pile cloth media filter, già diffusi negli impianti di depurazione, vengono ora testati per intercettare microplastiche di varie forme e dimensioni.

 

Startup come Captoplastic, Enviropod e PolyGone stanno sperimentando approcci innovativi, tra cui l’uso di nanoparticelle magnetiche di ossido di ferro (Fe2O3) per attrarre e aggregare le microplastiche, separandole poi con campi magnetici esterni.

 

Altri studi puntano su adsorbenti chimici o microrganismi capaci di degradare le particelle, sebbene queste tecniche siano ancora a livello di proof of concept.

 

Parallelamente, le aziende stanno esplorando alternative biodegradabili per ridurre la formazione di microplastiche alla fonte. Colossi come Basf, Syngenta, Kuraray e Covestro stanno introducendo nel mercato prodotti agricoli e rivestimenti sostenibili, mentre cresce l’interesse per tecnologie di microincapsulazione a basso impatto ambientale.

 

Il progresso in questo campo sarà determinante per conciliare competitività industriale e sostenibilità ambientale. Nel report di IdTechEx si sottolinea la necessità di una ricerca scientifica coordinata e di standard analitici condivisi.

 

L’assenza di metodi uniformi per la misurazione e la classificazione delle microplastiche ostacola oggi il confronto tra studi e limita la valutazione dell’efficacia delle tecnologie di rimozione. La cooperazione transnazionale appare quindi essenziale per sviluppare soluzioni su scala realmente globale.

 

Tecnologie italiane per la rimozione delle microplastiche

 

Anche l’Italia si sta affermando nel campo delle tecnologie anti-microplastiche, con progetti che uniscono ingegneria ambientale, ricerca applicata e innovazione industriale.

 

Is Tech (Roma) ha sviluppato un sistema di filtrazione modulare per acque reflue basato su membrane ceramiche porose capaci di trattenere particelle inferiori ai 100 micron, con recupero energetico integrato.

 

NextChem (Gruppo Maire) sta lavorando a processi di pirolisi controllata per la rigenerazione di microplastiche raccolte nei fanghi di depurazione, trasformandole in materie prime seconde.

 

Cnr-Irsa e Politecnico di Milano coordinano progetti europei dedicati al monitoraggio delle microplastiche fluviali tramite sensori ottici e campionatori automatici, in sinergia con le Arpa regionali.

 

Università di Bologna e Hera sperimentano l’uso di filtri a base di biochar derivato da residui agricoli per intrappolare microplastiche in uscita dagli impianti di trattamento.

 

Paolo Galli

 

 

Foto: feepik

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