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ISSUE 427

Tutte le ombre della Cop30 in Brasile

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Tutte le ombre della Cop30 in Brasile

La prossima Conferenza Onu sul Clima si terrà dal 10 al 21 novembre a Belém, alle porte dell’Amazzonia. Lula è fra i pochi leader a parlare di Ambiente. Ma l’organizzazione dell’evento preoccupa la comunità locale. Tra gentrificazione e una nuova autostrada in mezzo alla Foresta.

 

Manca un mese alla Conferenza Onu sul Clima del 2025. Quella di quest’anno – in programma dal 10 al 21 novembre a Belém, in Brasile – sarà una Cop speciale per tanti motivi. Intanto sarà la 30esima, una cifra tonda impegnativa. E sarà quella in cui si capirà quanto fieno c’è in cascina, dal momento che prima del suo inizio a tutti i 198 Paesi è richiesto di consegnare il proprio piano aggiornato di riduzione delle emissioni (in realtà la scadenza era il 10 febbraio, ma è stata rimandata dal momento che solo 16 Stati l’avevano rispettata). 

 

Cerchi che si chiudono

 

Sarà la Cop a dieci anni da quella di Parigi e dall’accordo più famoso sul clima, reso possibile dalla stretta di mano tra Barack Obama e Xi Jinping e anticipato dall’enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco: un’era politica fa. 

 

Sarà la prima Cop che, dopo la tripletta dei petrostati Egitto-Emirati Arabi Uniti-Azerbaijan, non si svolgerà in un Paese noto per la dipendenza dai combustibili fossili o per la soppressione dei diritti umani. 

 

Sarà una Cop fortemente voluta da Ignacio Lula, che è uno dei pochi presidenti tra i grandi del mondo che ha fatto dell’ambizione climatica una sua bandiera e che guida un Paese capace di dialogare con l’Occidente (lo scorso anno ha ospitato il G20) e con l’Oriente (a partire dalla prima lettera dell’acronimo Brics) e che può ambire a esserne un ponte. 

 

La Cop30 sarà dunque nel Sud Globale, in Brasile, e non a Rio, San Paolo o Brasilia, ma a Belém: è il nome portoghese di Betlemme, ma in questo caso ci si riferisce alla capitale dello Stato del Pará, alle porte della Foresta Amazzonica, a cui Papa Francesco aveva dedicato il sinodo del 2019. 

 

Tanti cerchi che si chiudono e tante aspettative, ma non è tutto bello come sembra. Specialmente se si uniscono i punti tra la lotta ambientale e quella sociale. 

 

Demolizioni

 

La scelta di ospitare la Cop a Belém aumenta la portata simbolica dell’evento ma ne complica significativamente l’organizzazione. 

 

Belém è una città che non ha mai conosciuto il turismo di massa e che non ha le infrastrutture per accogliere almeno 50.000 partecipanti, che verosimilmente mai torneranno. Al momento, le stesse stanze o appartamenti che in periodi normali costano dai 15 ai 30 euro a notte, durante il periodo della Cop partono da 500 o 1.000 euro, fino ad arrivare a costare diverse migliaia di euro a notte. Il piano del Governo brasiliano sembra quello di far arrivare decine di imbarcazioni da ormeggiare nella baia di Marajó, dove i delegati possano alloggiare per quelle due settimane. 

 

Intanto le autorità brasiliane hanno informato molti residenti delle rive del canale Caraparu, alla periferia della città, che le loro abitazioni saranno demolite per permetterne l’allargamento. Da mesi chi abita nelle case vicine al tratto più stretto del canale, dove finiscono la spazzatura e gli scarichi fognari, teme di essere cacciato. 

 

Come mostrano le impressionanti foto, un intero isolato è stato colorato di rosso per segnalare che sarà abbattuto. «Hanno preso le misure della casa e mi hanno detto che la butteranno giù», racconta Alcina Lúcia, 62 anni, al Folha de São Paulo. «Hanno detto che ci rimborseranno e ci trasferiranno in un condominio, ma ancora non sappiamo né quanto ci daranno né dove andremo». 

 

La capitale del Pará si è sviluppata intorno ai molti canali di quest’area dell’Amazzonia: ci sono occupazioni irregolari, un’alta densità abitativa e case costruite con materiali di scarsa qualità. In base agli ultimi dati, l’80% dei residenti di Belém non è collegato alla rete fognaria. Secondo l’Istituto brasiliano di geografia e statistica (Ibge), Belém è la capitale statale con la percentuale più alta di residenti che vivono nelle favelas. Uno studio del 2024 indica che su 1.303.403 abitanti, 745.140 (il 57,1%) vivono in baraccopoli senza servizi.

 

I lavori avviati in vista della Cop30 coinvolgerebbero addirittura 520mila residenti di Belém, il 40% del totale. Secondo le istituzioni le opere avrebbero l’obiettivo di risolvere alcuni problemi della città, ma il timore è che, come per tanti eventi di portata globale – tra cui le ultime Olimpiadi a Parigi – esse si traducano in forme di gentrificazione a scapito dei più poveri. Il tutto tenuto nascosto da una narrazione incentrata sulla sostenibilità ambientale che ignora quella sociale. «Durante la Cop faranno vedere solo il centro della città», prevede Alcina Lúcia. 

 

Asfaltati

 

Un’altra storia controversa che sta comprensibilmente generando discussioni riguarda il fatto che per aumentare i collegamenti verso Belém si stia costruendo un’autostrada che taglia, letteralmente, una parte di Foresta Amazzonica. Il nome del progetto è “Avenida Libertade” e prevede un’autostrada di quattro corsie. 

 

Anche se la lunghezza prevista è di soli 12 chilometri, non possono che evocare ironia e sgomento le immagini in cui si vede il disboscamento di una foresta per la costruzione di un’infrastruttura pensata per collegare un summit che quella stessa foresta dovrebbe salvarla. 

 

Secondo il Governo, però, il progetto è precedente alla candidatura per ospitare la Cop30 e la sua realizzazione farà parte parte di una serie di opere lasciate in eredità alla popolazione dopo la Conferenza. 

 

Adler Silveira, segretario alle Infrastrutture del Governo statale, ha difeso il progetto come un «importante intervento di mobilità» e ha detto che sarà un’«autostrada sostenibile», con piste ciclabili, illuminazioni da fonti rinnovabili e attraversamenti per gli animali. 

 

Per i ricercatori, la nuova infrastruttura potrebbe ulteriormente frammentare l’ecosistema e limitare l’accesso degli animali a fonti e corsi d’acqua. A esprimere maggior dissenso e preoccupazione, però, è la comunità locale. «Il nostro raccolto è già stato tagliato. Non abbiamo più quel reddito per sostenere la nostra famiglia», ha detto alla Bbc Claudio Verequete, un residente che vive nei pressi del cantiere. «La nuova strada ha distrutto tutto». Il cittadino sostiene di non aver ricevuto alcun compenso dal Governo statale e attualmente si affida ai risparmi. 

 

Gli abitanti hanno anche il timore che con una strada del genere in questo luogo possa essere più accessibile alle aziende che vanno a caccia di profitti. Dunque più accessibilità per le imprese, ma meno per la comunità locale, che al momento non sarà collegata alla strada principale a causa dei muri su entrambi i lati.«

 

Per noi che viviamo sul lato dell’autostrada, non ci saranno benefici. Ci saranno benefici per i camion che passeranno. Se qualcuno si ammala e deve andare nel centro di Belém, non saremo in grado di usarlo», lamenta Varequete. 

 

Le istituzioni federali, statali e locali sostengono che la Cop30 fornirà l’opportunità di concentrarsi sui bisogni dell’Amazzonia, mostrare la foresta al mondo e presentare ciò che il Governo ha fatto per proteggerla, tra cui un’effettiva riduzione della deforestazione rispetto alla presidenza di Jair Bolsonaro. 

 

Secondo Lula sarà un vertice storico perché sarà «una Cop in Amazzonia, non una Cop sull’Amazzonia». Parafrasando l’attivista sudamericano Chico Mendes, che venne assassinato per la sua lotta, possiamo dire che sarà un vertice storico se riuscirà a tenere insieme giustizia ambientale e giustizia sociale. Altrimenti, sarà solo giardinaggio.

 

Giorgio Brizio

 

Foto: tpi.it

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