ESO - Società Benefit arl - P.IVA IT 13288930152
cover-small
Home / Normative / Case green, che cosa prevede la direttiva Ue

31/03/2023

Case green, che cosa prevede la direttiva Ue

La riforma della direttiva per l’efficientamento energetico degli edifici, che ha scatenato una nuova ondata di polemiche in Italia, è stata presentata dalla Commissione europea il 15 dicembre 2021. Il Parlamento europeo ha approvato –  ad ampia maggioranza in aula – il suo mandato negoziale. Il testo dovrà quindi essere negoziato con il Consiglio.

 

Che cosa dice la direttiva

 

La versione approvata prevede che tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028. Per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche la scadenza è fissata al 2026. Tutti i nuovi edifici per cui sarà tecnicamente ed economicamente possibile dovranno inoltre dotarsi di tecnologie solari entro il 2028, mentre per gli edifici residenziali sottoposti a ristrutturazioni importanti la data limite è il 2032.

 

Sempre secondo la posizione del Pe, gli edifici residenziali dovranno raggiungere, come minimo, la classe di prestazione energetica E entro il 2030, e D entro il 2033. Per gli edifici non residenziali e quelli pubblici il raggiungimento delle stesse classi dovrà avvenire rispettivamente entro il 2027 (E) e il 2030 (D).

 

Che cosa succede dal 2030

 

Il testo avanzato dalla Commissione prevedeva che a partire dal 2030 tutti gli edifici di nuova costruzione debbano essere a zero emissioni; gli edifici pubblici nuovi dovranno esserlo già dal 2027. Verrà però rivisto anche il modo con cui attualmente vengono classificate le prestazioni energetiche degli uffici.

 

Per gli edifici esistenti «la classe A più elevata rappresenta un edificio a emissioni zero, mentre la classe G più bassa includerà il 15% degli edifici aventi le prestazioni peggiori del parco immobiliare nazionale. Gli altri sono distribuiti proporzionalmente tra le classi comprese tra G e A».

 

Quindi sarà classificato G solo il 15% degli edifici che hanno le prestazioni peggiori e su questi sarà necessario intervenire per primi. Secondo le stime fatte a Bruxelles la direttiva riguarderebbe tra 3,1 e i 3,7 milioni di immobili (che andrebbero riqualificati entro il 2033).

 

A livello europeo, il passaggio da G a F riguarderà circa 30 milioni di unità immobiliari. E per favorire il sostegno necessario per gli investimenti, saranno stanziati fino a 150 miliardi di euro per l’attuazione delle norme minime di prestazione energetica fino al 2030.

 

Saranno esentati dalle ristrutturazioni gli edifici storici, i luoghi di culto, i fabbricati temporanei con un tempo di utilizzo non superiore a due anni, siti industriali, officine ed edifici agricoli non residenziali a basso fabbisogno energetico; gli edifici residenziali che sono usati o sono destinati ad essere usati meno di quattro mesi all’anno o, in alternativa, per un periodo limitato dell’anno e con un consumo energetico previsto inferiore al 25% del consumo che risulterebbe dall’uso durante l’intero anno; e i fabbricati indipendenti con una superficie utile coperta totale inferiore a 50 metri quadri.

 

L’iter legislativo europeo prevede che la proposta della Commissione venga approvata dal Consiglio e dal Parlamento. In sostanza, il Consiglio presenta una proposta modificata e la negozia con il Parlamento (nel cosiddetto trilogo).

 

Il Consiglio (che rappresenta gli Stati) ha già approvato, lo scorso 25 ottobre, la sua versione proponendo però delle importanti modifiche. Per quanto riguarda gli edifici nuovi, ha deciso per zero emissioni per quelli di proprietà di enti pubblici dal 2028 e dal 2030 per tutti gli edifici nuovi.

 

Edifici esistenti

 

Per gli edifici esistenti, gli Stati membri hanno convenuto di introdurre norme minime di prestazione energetica corrispondenti alla quantità massima di energia primaria che gli edifici possono utilizzare per metro quadro all’anno. Per gli edifici non residenziali esistenti, gli Stati membri hanno convenuto di fissare soglie massime di prestazione energetica, basate sul consumo di energia primaria.

 

La prima soglia fisserebbe una linea al di sotto del consumo di energia primaria del 15% degli edifici non residenziali che presentano le prestazioni peggiori in uno Stato membro. La seconda soglia verrebbe fissata al di sotto del 25%. Tradotto, il consumo va tagliato del 15% con la prima soglia e del 25% con la seconda soglia.

 

Gli Stati membri hanno convenuto di portare tutti gli edifici non residenziali al di sotto della soglia del 15% entro il 2030 e al di sotto della soglia del 25% entro il 2034. Le soglie sarebbero stabilite sulla base del consumo energetico del parco immobiliare nazionale al primo gennaio 2020 e possono essere differenziate a seconda delle diverse categorie di edifici.

 

Per gli edifici residenziali esistenti, gli Stati membri hanno convenuto di fissare norme minime di prestazione energetica sulla base di una traiettoria nazionale in linea con la progressiva ristrutturazione del loro parco immobiliare per renderlo a emissioni zero entro il 2050. La traiettoria nazionale sarebbe espressa come un calo del consumo medio di energia primaria dell’intero parco immobiliare residenziale durante il periodo 2025-2050.

 

In questo modo si garantirebbe che il consumo medio di energia primaria dell’intero parco immobiliare residenziale sia equivalente almeno alla classe di prestazione energetica D entro il 2033. Si parla quindi di consumo medio a livello nazionale e non di una valutazione edificio per edificio.