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13/11/2020

Economia circolare: parliamo di carta

La carta più antica che conosciamo risale al 150 dopo Cristo e arriva dalla Cina: veniva realizzata con gli stracci e per secoli, fino alla rivoluzione industriale, questo era il motivo  che ne limitava la diffusione.

La carta moderna arrivò nel 1844. In quella data, infatti, un tessitore sassone di nome Friedrich Gottlob Keller brevettò un processo per produrre carta dalla pasta di legno, consentendo la produzione di massa che prima era ostacolata dalla scarsità degli stracci. Fu subito un successo. L’improvvisa disponibilità della carta, con il calo di prezzo, permise la stampa di libri, periodici e giornali, diffondendo la cultura e sconfiggendo l’analfabetismo. Nella sola Inghilterra tra il 1861 e il 1900 si passò da una produzione di carta di 96 mila tonnellate a 648 mila all’anno.

Con questa rivoluzione si aprì anche una serie di problemi ambientali. La carta, infatti, divenne rapidamente un grande consumatore di legno vergine, e quindi di foreste, veniva raffinata e sbiancata con il cloro, aveva un enorme consumo d’acqua e si riciclava poco.

Oggi, e non da poco tempo, per fortuna tutto è cambiato.

Il 75% delle fibre vergini di cellulosa necessarie alle cartiere italiane è di provenienza certificata, con marchio del Forest Stewardship Council (FSC), a fronte del fatto che solo il 10% delle foreste globali lo sono. Lo sbiancamento della carta oggi avviene con sostanze rispettose dell’ambiente, visto che le cartiere, per trattare le fibre vergini, non usano il cloro gassoso. Il consumo d’acqua in quaranta anni è diminuito del 66%.

 

Efficienza energetica

Le cartiere italiane, impianti produttivi molto energivori, sono i grandi protagonisti dell’efficienza energetica industriale, con la generazione per autoconsumo e il recupero energetico. In venti anni hanno aumentato l’efficienza del 20% e la cogenerazione in questi stabilimenti, dove serve sia elettricità sia calore, oggi è diventata una regola.

L’Italia è tra i primi in Europa per l’utilizzo di carta riciclata. Nel 2017 sono stati raccolti 3,3 milioni di tonnellate di macero, 54,2 kg di carta e cartone procapite: più 0,5% sull’anno precedente.

Si tratta di dati importanti, specialmente alla luce del fatto che negli ultimi anni la produzione dei rifiuti urbani è diminuita. Non solo. Il fronte degli imballaggi cellulosici è il più virtuoso e vede un tasso di riciclo del 79,7%: venti anni fa era del 37%. In pratica otto su dieci degli imballaggi su base cellulosica viene riciclato. È una posizione, quella dell’Italia, dovuta al fatto che si tratta di una nazione storicamente priva di risorse e materie prime, in questo caso la materia è il legno e le risorse quelle forestali, e che quindi ha sviluppato nei decenni scorsi un’attitudine quasi naturale al riciclo.

 

Macero in primo piano

Il macero oggi è la fonte primaria della fibra utilizzata per i prodotti di carta.

Attenzione però: le fibre non sono tutte uguali e i processi industriali si sono evoluti negli anni per ottimizzare l’impiego delle fibre cellulosiche da riciclo, che non sono assolutamente tutte uguali, specialmente per ciò che riguarda l’impiego finale. Lo standard EN 643, del Cen (Comitato europeo per la standardizzazione), identifica 95 tipi di diverse tipologie di carte da riciclare, definendo sia le percentuali massime d’altri materiali non cartacei ammessi sia quelli proibiti, che non devono mai essere presenti nella carta da macero destinata al riciclo.

Si sta lavorando a livello europeo e italiano per evitare fenomeni distorsivi sul fronte ambientale del riciclo da parte dei paesi extraeuropei.

La questione è semplice. Da alcuni anni, infatti, siamo diventati esportatori di carta da macero. Ossia forniamo la materia ad altri paesi, fuori dalla Ue. E fin qui tutto bene. Il problema è che in questi paesi, principalmente asiatici, i vincoli sulle politiche ambientali sono pressoché nulli. Ed ecco, allora, che si trova sul mercato internazionale carta prodotta con il macero a prezzi inferiori rispetto a quella europea. Si tratta di un caso di dumping ambientale che rischia di mettere in crisi aziende virtuose sotto il profilo delle tecnologie per l’ambiente.

 

Prossimità positiva

Lo sviluppo del riciclo, in tutti i settori – carta compresa – è quello della prossimità, riducendo così le emissioni di CO2 legate al trasporto e creando lavoro a livello locale.

Un esempio di best practices è quello di Parigi, dove carta e cartone sono avviati al riciclo in quattro stabilimenti vicini. L’agenzia municipale per i rifiuti domestici di Parigi, Syctom, infatti, include nei contratti di vendita della carta e del cartone recuperati una clausola di prossimità che vincola l’impresa assegnataria a lavorare la materia al massimo nei Paesi confinanti.

E l’Italia su questo fronte è in buona posizione. La distanza media di conferimento alle piattaforme di riciclo è di 17,3 km, mentre l’industria nazionale ha un tasso d’utilizzo della carta da macero di oltre il 55,2%. Ogni 100 tonnellate di carta prodotte in Italia, 55 provengono dalla carta da riciclo. La raccolta della fibra secondaria nel nostro paese ha due canali. Il primo è quello delle imprese di trasformazione a valle delle cartiere, dalle quali arrivano gli sfridi (ossia i residui del prodotto) delle lavorazioni e gli imballi dalla grande distribuzione organizzata e dalle imprese. Si tratta di materia selezionata all’origine, di buona qualità già senza passare a ulteriori trattamenti di selezione e pronta, quindi, per l’utilizzo in cartiera. Il secondo canale è quello della raccolta differenziata dei rifiuti urbani, che ha bisogno di una selezione preventiva e più accurata, prima di arrivare in cartiera. In assenza del riciclo questa carta sarebbe un rifiuto da spedire in discarica: il suo riutilizzo nei processi produttivi evita la realizzazione di venti discariche di medie dimensioni ogni anno.

 

Cittadini protagonisti

La raccolta differenziata di carta e cartone ha ormai una lunga tradizione, ma essendo dipendente dai comportamenti dei cittadini è stata oggetto di particolare cura. Da anni, infatti, è attivo Comieco, il Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica, i cui aderenti sono i produttori, gli importatori e i trasformatori di prodotti a base di cellulosa e al quale possono aderire anche i recuperatori. La sua attività è la stipula di convenzioni e la gestione del sistema di raccolta e riciclo dei rifiuti su base cellulosica all’interno dei comuni.

Il consorzio ha coperto nel 2015 il 68,6% dei comuni, l’78,2% della popolazione e ha raccolto in convenzione 1,4 milioni di tonnellate di carta e cartone, erogando ai comuni convenzionati 98,5 milioni di euro.

Il processo industriale per la trasformazione della carta da macero avviene prima con la raccolta e lo stoccaggio a cui, nelle piattaforme di riciclo, segue la separazione della carta e cartone da materiali d’altro tipo, come le plastiche e i metalli. Fatto ciò, carta e cartone sono pressati, legati in balle e inviate in cartiera, dove vengono sminuzzati e successivamente sbiancati per eliminare gli inchiostri. In seguito si riduce il tutto in poltiglia aggiungendo acqua calda e si passa all’affinamento, che consente d’ottenere una maggiore purezza dell’impasto. In base a ciò che si vuole ottenere in uscita, a questo punto si aggiunge una certa percentuale di pasta di cellulosa vergine e il processo di riciclo è finito.

La pasta di cellulosa ora è pronta per entrare nel processo produttivo “normale” della carta, esattamente alla stregua della materia prima vergine. In Italia un foglio di giornale torna in “attività” attraverso il riciclo in 21, mentre per una scatola di cartone ce ne vogliono due.

 

Sergio Ferraris

 

Foto di Ag Ku da Pixabay